Marotta, ci spieghi Borriello

Roberto Beccantini7 marzo 2012

Il tredicesimo pareggio non è esattamente come il primo amore: si scorda subito. Adesso che la classifica è completa, la Juventus si trova tra Scilla e Cariddi: due punti dal Milan, quattro punti sulla Lazio. Consiglio spassionato dell’umile scriba: privilegiare Cariddi, tenere d’occhio la Lazio, un sommergibile che Reja guida con una perizia non inferiore alla santissima pazienza che il collerico latinorum di Lotito gli impone.

Non dico che la Juventus sia cotta, ma l’ordalia di San Siro, contro il Milan di scorta, ne ha rigato il morale. Conte fu bravissimo a trovare schemi che sostenessero le esigenze, la Juve d’autunno aveva ritmo e gioco. La Juve d’inverno, viceversa, ha la testa che fuma (espulso Conte) e le gambe pesanti (espulso Bonucci). Il Bologna di Pioli (giù il cappello) ha un giocatore che oggi la Juve non ha: Di Vaio.

Può essere che la neve abbia gonfiato il calendario di una squadra che aveva fondato la stagione sui mercoledì liberi. I rivali l’aspettano al varco e la rosolano a fuoco lento. L’eclissi di Pirlo è umana. Conte dovrà gestire il primo, autentico periodo d’emergenza: tra infortuni e squalifiche, non sarà facile.

Tira poco, la Juve. Gol a parte, Vucinic è un labirinto; l’ingaggio di Borriello meriterebbe una vera e propria inchiesta (Marotta, dico a lei); Pepe (5 gol) e Marchisio (6 gol) si erano spinti oltre le colonne d’Ercole, e di lì sono tornati. Manca un attaccante che banalizzi le scelte, senza renderle scottanti. Se gioca Borriello, pensi a Quagliarella; se tocca a Quagliarella, rimpiangi Matri. L’eterno dramma del «tutti uguali».

Ripeto: qui si parrà la nobilitate di Conte. Lo aspettano altre due trasferte, a Genova e a Firenze; a dodici turni dal termine, molto è ancora possibile, forse troppo per le risorse di una Juventus che, con pieno merito, aveva appeso al muro i pronostici.

Crocerossina Catania

Roberto Beccantini5 marzo 2012

Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

1) Senza Sneijder, Inter sotto e Ranieri fuori. Con l’olandese, Inter pari e Ranieri salvo. Forse. Progressi di gioco? Datemi un cannocchiale. Fiammate d’orgoglio, sì. E gli episodi: contro (gol in fuorigioco), a favore (papera di Carrizo).

2) Crocerossina Catania: la Juventus ne ricava l’unica vittoria nelle ultime cinque partite; l’Inter, il primo pareggio dopo cinque sconfitte. Date a Montella un portiere normale – non Kosicky, non Carrizo – e il Catania correrà per l’Europa League.

3) Il rigore di Roma-Lazio: giusto assegnarlo, corretto espellere Stekelenburg. Non esiste dire, come ho sentito a «Sky sport 24», il rosso non era obbligatorio, sarebbe bastato il giallo. Proprio sabato, l’International Board ha bocciato la proposta di abolire il rosso diretto in caso di fallo in area che impedisca una chiara occasione da gol: portiere o non portiere. Anch’io ritenevo – e ritengo – sufficiente l’ammonizione. Niente da fare: rigore più espulsione più squalifica. Dura lex sed lex.

4) In alto i calici per l’assistente Petrella. In Lecce-Genoa ha «convalidato» un gol di Sculli dentro di due centimetri. Ripeto: due centimetri. Occhio per occhio.

5) Edy Reja e Mimmo Di Carlo sono allenatori anti-salotti. La Lazio è un inno al made in Italy tattico. Reja, lui, più viene preso di mira, più fa secchi i cecchini. Di Carlo, lo ricordo «fabbro» generoso e magnetico nel Vicenza di Guidolin. Il Chievo visto contro la Juventus appartiene al repertorio di un artigiano raramente vanesio. E come gioca bene quel Bradley.

6) Il Belgio è stato senza governo per 540 giorni e non ne ha risentito. Che dite se abolissimo la Lega calcio? Per me, non se ne accorgerebbe nessuno: nemmeno Beretta. E’ un esperimento al quale tengo moltissimo. Mi date un mano?

La resa dei Conte

Roberto Beccantini4 marzo 2012

Credo di non aver mai illuso il lettore, a costo di passare per gufo e anche se il crollo dell’Inter e le distrazioni europee del Napoli avevano aperto varchi impensati. La Juventus, «questa» Juventus, era al massimo – ma proprio al massimo – da zona Champions. Io l’avevo pronosticata sesta. Il dodicesimo pareggio di campionato, contro il Chievo, ne fissa i limiti proprio nel giorno in cui, a Palermo, Ibrahimovic dimostra e ribadisce come si superano, i limiti.

La differenza è sempre lì, è tutta lì. Spostate lo svedese e la sua squadra balzerà al comando. E’ così da otto anni. Al posto di Agnelli e Conte non avrei armato tutto quel popo’ di casino dopo Parma: la squadra, specie se è stanca (stanca senza coppe europee?) non ha bisogno di alibi, di seccature. Si può sorridere delle «visioni» di Zamparini – una volta, ai tempi di Calciopoli, «chiese» Rizzoli ed ebbe Rizzoli; alla vigilia di Palermo-Milan, ha dichiarato «Perdermo al 95%» – e si può pure serenamente discutere della moviola torinese (gol di De Ceglie in fuorigioco, Dramé da espellere prima del pareggio); resta il fatto che Conte ha smarrito il bandolo, come documentano i quattro pareggi nelle ultime cinque partite. Se in medio stat virtus, nel ceto medio sta il grande problema della Juventus dal ritorno in serie A a oggi.

Conosco i tifosi: non vorrei che, nei confronti di Conte, si passasse da Pirlo a pirla. Sarebbe ingeneroso. Temo che, a livello inconscio, l’imbattibilià freni mosse estreme (una punta in più) o scelte apparentemente blasfeme (una punta in meno in situazioni di fragile vantaggio).

E comunque: da una parte, Ibrahimovic con i suoi 18 gol; dall’altra Matri, Vucinic, Quagliarella, Del Piero e Borriello con le loro 15 reti. Tre gol di distacco, come i punti in classifica. Pura coincidenza? Direi proprio di no.