B contro B, che barba

Roberto Beccantini30 novembre 2011

Che barba. Ancora ‘sta menata di SB contro BS, Silvio Berlusconi contro Bernabeu Santiago: l’uno presidente del Milan dal 1986; l’altro, presidente del Real Madrid dal 1943 al 1978, anno della morte. Non è vero che il Cavaliere, come ha millantato anche in questi giorni, sia il presidente di calcio più vincente di tutti i tempi, Bernabeu compreso. Mi ero occupato dell’argomento il 5 maggio scorso, quando stavo allestendo il blog; ne avevo scritto, così, per allenamento.

Don Santiago Bernabeu Yeste, al quale – da vivo – il Real ha dedicato lo stadio «Chamartin», ha conquistato, complessivamente, 29 titoli. Nel dettaglio: sedici campionati, sei Coppe nazionali, sei Coppe dei Campioni, una Coppa Intercontinentale. Berlusconi, da parte sua, ne ha raccolti 28: otto scudetti, una Coppa Italia, sei Supercoppe di Lega, cinque Coppe dei Campioni/Champions League, cinque Supercoppe d’Europa, competizione il cui battesimo risale al 1972, due Coppe Intercontinentali, un Mondiale per club. Per la cronaca, per la storia e per la matematica, gliene manca uno.

Sempre per la cronaca, per la storia e per la matematica ci sarebbe pure Jorge Nuno de Lima Pinto da Costa, 74 anni a fine dicembre, presidente del Porto dal 1982 e firmatario di qualcosa come 55 trofei: diciotto scudetti, dodici Coppe del Portogallo, diciotto Supercoppe nazionali, due Champions League, una Supercoppa d’Europa, due Coppe Uefa/Europa League, due Coppe Intercontinentali. Insomma: nessuno mette in dubbio la competenza calcistica di Silvio B., difesa e diffusa dai suoi cortigiani; in discussione sono, semplicemente, le sue nozioni statistiche.

Fede, coraggio, avanti. Ancora due titoli, due soli, e finalmente Berlusconi scavalcherà Bernabeu. Quel giorno, scommetto che da Arcore si leverà una voce: visto? L’aveva detto, «Lui».

Unto (del Signore) e a capo.

C’era una svolta

Roberto Beccantini30 novembre 2011

Dal ritorno in serie A, mai la Juventus aveva rimontato per due volte, nel corso della stessa partita, un doppio svantaggio. L’unico precedente risaliva all’11 novembre 2007: Parma-Juventus da 2-0 a 2-2. In compenso, si sprecano le rimonte a rovescio. Stagione 2009-2010: con il Napoli in casa da 2-0 a 2-3 e, sempre in casa, con il Siena (da 3-0 a 3-3, addirittura). Stagione 2010-2011: a Cesena, con Catania e Chievo da 2-0 a 2-2.

Il campionato non è più lento come in avvio. Ha cambiato passo: la Juventus lo guida con 26 punti, quanti ne aveva il Milan un anno fa. La squadra di Allegri viene da sei vittorie e un pareggio; quella di Conte, da quattro successi e il 3-3 del San Paolo. Le «fotte» delle difese hanno reso divertente l’ordalia. Mancavano i cinque gol di Cavani e i cinque di Marchisio: Pandev e Pepe, i sostituti di ruolo e di fatto, ne hanno portati tre.

Il peso dell’Europa ha orientato la trama: nel secondo tempo, non a caso, il Napoli è calato e la Juventus cresciuta. E così: per Mazzarri, bicchiere mezzo vuoto; per Conte, mezzo pieno. Trovo legittimo criticare Bonucci e Chiellini, ma prima di fucilarli pensiamoci: alternative in giro per il mondo? Avevo scritto: saranno i Palermo e i Napoli a marcare i confini della nuova Juventus. Bene: Palermo battuto dopo tre sconfitte consecutive a Torino, Napoli «pareggiato» dopo quattro ko. Non è ancora una grande squadra, la Juve, né potrebbe esserlo vista la rosa. Grande è il segnale (di arrosto, e non di fumo) lanciato da Napoli.

Per concludere, il rigore di Pirlo su Lavezzi (netto). Facendolo ripetere, Tagliavento ha applicato il regolamento. Ma poiché non tutti e non sempre lo applicano, propongo all’International Board che l’eventuale bis scatti, esclusivamente, quando il difendente o l’attaccante entrato in area prima del tempo tragga vantaggio effettivo dall’ingresso anticipato.

Il fattore Ibra

Roberto Beccantini28 novembre 2011

Rispetto a un anno fa, il Milan ha due punti in meno e sei gol in più. Ha mandato a segno tredici giocatori, contro gli otto della Juventus, che nel girone di ritorno ospiterà a San Siro. Se confrontiamo le rose, non c’è paragone. Tanto che al mercato di gennaio dovrà muoversi più Marotta che Galliani: questo, almeno, suggerisce la logica. La Juve deve fare fronte all’esubero di esterni e attaccanti, nonché alla carenza di centrali difensivi e centrocampisti. Non ha soldi, dovrà prima vendere. Conte è sceso dal 4-2-4 per salire di corsa sul 4-3-3. La classifica si spiega con il gioco e la rabbia sprigionati da una formazione molto fissa, quasi tipo. Il vantaggio è un’onta: l’Europa negata. Si parla di Montolivo, classe 1985: ha colpi nascosti all’interno di una carriera troppo altalenante. Può giocare in tutti i ruoli del centrocampo, ma proprio per questo rimane in bilico fra l’eclettico e il generico. In Sud Africa, fu il meno peggio di una Nazionale eliminata già nella fase a gironi. Insomma: utile, non determinante. Ma di «determinanti» disponibili non ne vedo.

Al Milan piace Tevez: così dicono, così leggo. Se Cassano è perso per il resto della stagione, Allegri può sempre contare su Ibrahimovic, Pato, Robinho, El Sharrawy e Inzaghi. Non discuto il valore di Tevez: discuto la necessità di arruolarlo, tanto più che in Champions non sarebbe utilizzabile. Perché allora non Amauri, tutt’altro genere di punta, ma impiegabile ovunque?

A meno che Galliani non abbia paura della Juventus (ne dubito fortemente). O tema che, per la legge dei grandi numeri, prima o poi Ibra faccia flop. Perché sì, la differenza resta Zlatan. Nel 2004, la Juventus era arrivata terza: prende Ibra, due scudetti (poi revocati). Nel 2006, l’Inter era arrivata terza: prende Ibra, tre scudetti. Nel 2010, il Milan era arrivato terzo: prende Ibra, scudetto. Coincidenze? Io dico di no, voi?