Non ci voleva un genio

Roberto Beccantini3 agosto 2012Pubblicato in Calciopoli

Premesso che al posto di Andrea Agnelli parlerei anche alla testa degli avvocati che difendono Antonio Conte (patteggiamento sì, patteggiamento no) e non solo alla pancia dei tifosi («Sistema dittatoriale»: ma non era stato lui, il presidente, a manifestare «piena fiducia negli inquirenti»?), non ci voleva un genio per capire come sarebbe andata a finire; anche se non è ancora finita. Questo è ciò che scrissi, in risposta a un paziente, il 30 maggio scorso.

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CONTE ASSOLTO

Tifosi juventini (a petto in fuori): finalmente uno squarcio di luce in questo Paese di m., finalmente un brandello di verità al posto dei soliti mantelli di ipocrisia.

Tutti gli altri (tra sorrisini, colpi di tosse, gomitatine): uhm uhm, secondo voi come poteva finire a livello sportivo un processo che coinvolgeva una società che tiene sotto scacco la Federazione con una richiesta di 444 milioni di euro? Uhm uhm…

CONTE CONDANNATO

Tifosi juventini: vergogna, vergogna, vergogna, trenta volte vergogna. Hanno dato retta a un pentito di m. pur di tarparci le ali, visto che, stravincendo lo scudetto, eravamo tornati a far spavento. Non ho più fiducia in alcun tipo di giustizia. Vergogna, vergogna, vergogna.

Tutti gli altri: giustizia è stata fatta. Come si poteva pensare che l’allenatore del Siena nulla sapesse a fronte di una serie così fitta di partite combinate? Il pentito paga.

I tifosi juventini: no, il pentito è stato pagato.

Sipario.

(«Nei panni di Conte, e dei suoi avvocati, rinuncerei al patteggiamento: se penso di essere innocente, nessun processo mi farà paura». Questo, invece, l’avevo scritto il 26 luglio).

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