Terzo 0-0, dopo Bologna-Shakhtar Donetsk e Manchester City-Inter. Gira e rigira, a Bergamo hanno deciso i portieri: Carnesecchi, con la doppia parata sulla punizione di Bukayo Saka e il tap-in di Thomas; Raya, soprattutto, con il doppio zompo sul rigore-più-testa di Retegui. La nuova Champions è un carrozzone che non finisce mai, inutile pretendere che sin dall’inizio, a settembre, ci si scanni come fra leoni e gladiatori. A maggior ragione, se i Cesari di Nyon offrono due partite in più.
Atalanta-Arsenal è stata noiosetta, equilibrata, rispettosa dei valori, cavalleresca (un ammonito, Ederson: il migliore, per me, al netto del penalty procurato). Hanno deluso le punte: Lookman, De Ketelaere, Retegui (ma solo dal dischetto, non certo per tutto il resto), Bukayo Saka, Gabriel Jesus, Martinelli (il più pericoloso, il più impreciso), Havertz («sotto» tridente, boh). Non escludo che Arteta pensasse già al Manchester del Pep (domenica): di sicuro, i suoi gunners hanno patito i vietcong della Dea che, se escludiamo le scaramucce iniziali, si è caricata la partita sulle spalle. Uomo su uomo. Varchi sigillati. Alé.
Dall’Europa League di Dublino (22 maggio) all’Arsenal, il Gasp continua a macinare un calcio che, in generale, non patteggia: o lo batti perché sei più forte; o ti batte perché è più forte. I cambi, poi. Da Cuadrado a Zaniolo a Samardzic: tutti propositivi. Un segno, e non banale. Al di là del risultato, che gli episodi non smetteranno mai di corteggiare. A proposito, Skorupski al Dall’Ara, Raya al Gewiss: piano con l’eguglianza rigore uguale gol.
Polveri bagnate, dunque. Sia di qua che di là . L’Arsenal (anche di Calafiori, nel finale) ha scoperto i dentisti del Gasp, mentre la Dea, da parte sua, ha ribadito quanto il brand della Premier ne aguzzi le fregole (citofonare Liverpool: «la» Liverpool di Kloop).