Elementare, Stadium

Roberto Beccantini22 gennaio 2017

Non sarà certo merito di noi pennivendoli se, battendo la Lazio, la Juventus ha scolpito la 27a. vittoria consecutiva in casa, ma neppure colpa se ha perso quattro delle ultime nove trasferte. Ecco qua le dogane estreme della capolista. Nel calcio molto è possibile, se l’idea viene condivisa e la carne risulta forte come lo spirito. Alludo al «logo» disegnato da Allegri per l’impegno odierno, un quattro-due-Avanti Savoia che ha prodotto il solito quarto d’ora di «superiorità» e poi una placida gestione dell’ordalia.

C’erano tutti. Pjanic più Cuadrado più Mandzukic più Dybala più Higuain. Il sinistro pettinato di Dybala (complice Marchetti) e la zampata di Higuain hanno fissato muri troppo alti per una Lazio che, con le Grandi, fatica a sfamare le ambizioni che in cuor suo coltiva.

E così si celebra l’ennesima reazione all’ennesimo schiaffone. La Juventus degli zero pareggi (in campionato, almeno) avrebbe potuto, o forse dovuto, dilagare in contropiede. Solo che è stata parca e quei pochi, li ha sciupati (con Dybala).

Per la cronaca, e per la storia, la Juventus ha sempre e solo perso dopo una partita di coppa: tre di Champions, una di Coppa Italia (con l’Atalanta). E domenica andrà a Reggio Emilia per sfidare quel Sassuolo che, un anno fa, sembrava la sua lapide e invece diventò la sua fionda, dopo aver sfidato il Milan nei quarti del nostro torneo di scorta. I numeri vanno presi per mano, ma spesso indicano tendenze.

Cos’altro aggiungere? Che Mandzukic, pur di giocare, giocherebbe anche in porta. Che un centrocampo così è una seducente scollatura. Che la fase difensiva (a quattro) ha concesso briciole. Che la Juventus a ritmi «normali» sa addormentare gli avversari senza addormentarsi. Elementare, Stadium.

Gli hanno rubato l’idea

Roberto Beccantini15 gennaio 2017

Oh comandante! Mio comandante! Allegri ci aveva messo la faccia: si va a Firenze a comandare. Gli hanno rubato l’idea. Soprattutto nel primo quarto d’ora, quando Vecino sembrava Mosè e la Bbc della Juventus il Mar Rosso. Un palo scheggiato, due parate di Buffon (la seconda su Chiesa) e una rumba che vi raccomando. Con Kalinic a segno più avanti, su imbeccata di Bernardeschi. Perché sì, c’era anche lui. Come c’era Dybala (in edizione Doha, però). E come c’era Higuain, quando si ricordavano che c’era.

A poco a poco, la partita è diventata puro wrestling, con un arbitro fin troppo tollerante (e sul braccino di Gonzalo Rodriguez, da rigore, rimando al mani-comio) e la capolista prigioniera dei suoi errori, dei suoi cali. Il 3-4-2-1 di Paulo Sousa era fiamma; il 3-5-2 della Juventus, legna. Senza Pjanic, e con Dybala sotto media, Marchisio, Khedira e Sturaro non riuscivano a riempire la solitudine di Higuain.

La Fiorentina alternava il pressing ai lanci lunghi per Kalinic (te la do io la Cina). La Juventus ha sofferto sempre, prima l’avversario e poi la propria tirchieria. Non è riuscita a cambiare marcia, se non a spallate. Le succede spesso, pure in Italia, quando i dirimpettai le ringhiano in faccia.

Da come si è giocato, Paulo Sousa ha dimostrato di sapere tutto della Juventus; Allegri, poco della Fiorentina. Federico Chiesa ha 19 anni ed è figlio d’arte. Che abbia toccato o meno l’avvelenata di Badelj, non importa: anche se è bastato per confondere Buffon. Ha spremuto Alex Sandro, si è preso la fascia e l’ha difesa come se fosse il Piave.

Il gol di Higuain (toh, un passaggio) è roba da tabellino, come l’ingresso di Pjaca, lo sgorbio di Dybala e lo slalom di Ilicic. La Fiorentina ha chiuso i boccaporti e riaperto il campionato. Sconfitta più (la quarta), partita meno (a Crotone).

What else?

Roberto Beccantini9 gennaio 2017

Hanno vinto tutte, le grandi o sedicenti tali. E tutte soffrendo, chi con aiutino e chi no. Tutte, tranne la Juventus. Meno tre allo Stadium, più tre al Bologna. Una passeggiata, l’ennesima. Doppietta di Gonzalo Higuain, rigore di Paulo Dybala, lui che a Doha si era mangiato il match-point e da Gigi Donnaruma era stato mangiato sul penalty.

Vado di cifre perché c’è poco da aggiungere. Ventiseiesima vittoria casalinga di fila. E solita modalità: partenza-sprint, flessioncina, ripresina, pilota automatico. Splendido l’assist di Miralem Pjanic a Higuain in occasione del primo gol. Ondeggiava, lo schema, tra il 4-3-1-2 e il 4-3-2-1, l’albero di Natale caro al Milan ancelottiano. Il Bologna di Roberto Donadoni ha fatto quello che ha potuto: non fa più tremare il mondo da un pezzo e spesso, anzi, trema non appena lo toccano. Immagino, da lassù, la malinconia di Ezio Pascutti. E, da quaggiù, la nostalgia per il grande Ezio.

A Firenze mancherà Stephan Lichtsteiner, ammonito. Il problema dei terzini non va trascurato: Patrice Evra toglierà il disturbo, Dani Alves e Alex Sandro sono fermi ai box. Non mi è dispiaciuto Kwadwo Asamoah, a sinistra, e nemmeno Stefano Sturaro. Certo, non sono avversari come il Bologna che possono pesare le qualità della Juventus, storicamente più incline alla forza che al gioco.

C’era curiosità, questo sì, per verificare gli effetti dei cazziatoni di Massimiliano Allegri («Li avrei presi tutti a calci nel sedere», «Per 85 minuti siamo stati una squadra poco seria»). Non ho colto gesti di ammutinamento.

Juventus-Atalanta di Coppa Italia (l’ora di Marko Pjaca?) e Fiorentina-Juventus di domenica non sono bilance banali. Ogni tanto, i campioni hanno bisogno di un ceffone. Poi si rialzano. La pancia piena è una gloriosa zavorra. Fino a marzo, si può citare come alibi. Dopo, meglio di no.