Se il portiere fa doppietta

Roberto Beccantini22 agosto 2021

La «doppietta» di Szczesny ha rovesciato Udinese-Juventus, da 0-2 a 2-2, e offerto al governo dell’Allegri-bis non lievi spunti di riflessione. Rigore su Arslan, topica su Okaka per il pari di Deulofeu. Dalla notte di Porto il polacco è salito sulle montagne russe e gli spilli della costruzione dal basso continuano a bucarne la fiducia. Il vice è Perin.

La scorsa stagione, Gotti perse 1-2: non senza coriandoli sparsi di iella. Questa volta gli dei lo hanno risarcito. E la Juventus? Con Cristiano e Chiesa in panca, subito avanti con i gol di Dybala, splendido, e di Cuadrado, propiziato da un signor lancio del capitano. Qua e là tagli profondi, un 4-4-2 scolastico e, a pancia piena, il classico «indietro tutti», in attesa di un pertugio, di un contropiede. Giocava, l’Omarino, a tutto campo, come a trasformare il peso dei gradi in un onore. Migliore per distacco, al di dei caldi e dei cali.

Siamo alla prima e, dunque, il discorso delle energie può avere un senso. Con Allegri, però, c’è sempre il rischio di pensar male (e di azzeccarci, talvolta). Scritto ciò, sono state le papere del portiere a orientare l’epilogo. Madama ha buttato dentro tutti, e di tutto, da Cristiano a Kulu, da Chiesa a Chiellini (per un 3-5-2 da lotteria) a Locatelli. Artiglieria pesante. Ciao Musso, ciao de Paul: in Friuli, si forgia e poi si vende. Gotti aveva inserito, tra gli altri, Deulofeu e Okaka: evviva il fiuto. La Juventus ha colpito due pali (Morata, Bentancur), il Var ha sfilato un rigore a Deulofeu, sempre lui, per fuorigioco di un alluce e, per lo stesso motivo, l’imperiale 3-2 a Cierre, giusto agli sgoccioli.

Appunti sparsi: Bernardeschi esterno-interno così così, Bentancur a strappi, Ramsey timido, Cuadrado in vena. Sono tracce, non sentenze. Szczesny, viceversa, non ancora una sentenza ma qualcosa più di una traccia. E i «ruttini digestivi», la solita tendenza.

Grandi e Piccoli

Roberto Beccantini21 agosto 2021

Inter-Genoa 4-0. A proposito di staffette: da Conte-Allegri a Conte-Inzaghi. La butto lì, sicuro che i saggi sapranno farne tesoro. Ciò premesso, con San Siro mezzo pieno e il Genoa mezzo vuoto, campioni in scioltezza, da campioni. I maniaci delle bisettrici e delle palle scoperte avranno già colto le differenze. Beati loro. Nel mio piccolo, parto dal detto di Boniek: «Lukaku faceva reparto da solo, Dzeko ha bisogno di un reparto». Lo ha avuto. E lo ha accompagnato. Dalla conferma dei piatti della casa (testa di Skriniar) a un fraseggio elegante, come sul gol di Calhanoglu (the best). Non c’era Lau-Toro, squalificato. C’era Sensi, nano dagli alluci prensili. Lo aspetto. A gioco lungo, e squadre lunghissime, i cin-cin di Vidal e Dzeko, l’alticcio e il traliccio.

Torino-Atalanta 1-2. Muriel all’inizio (gran gol), Piccoli (classe 2001) nel recupero: in mischia, da bracconiere. In mezzo, ebbene sì, tanto Toro e poca Dea. Ben oltre il pari, carambolato, di Belotti, ossigeno e tritolo dalla panchina. Gasp ha pagato le assenze, troppe. Immagino i moccoli di Juric (in tribuna): proprio non meritavano di perdere, i granata, padroni della notte più di quanto fosse lecito illudersi. Piccoli, come il Gallo, era entrato: ma di sfuggita, lui. Visto da Bergamo, e pensando al pallore lunare e lunatico di Ilicic: gli scudetti si vincono anche così, con una botta di sedere, e non necessariamente strangolando gli avversari. Visto dal Toro: lunga è la strada, ma sembra proprio quella giusta.

Empoli-Lazio 1-3. Lo scarto è severo: più gioco la banda Andreazzoli, al netto dello squillo di Bandinelli; più giocate (Milinkovic-Savic, pareggio e assist per Lazzari) ed episodi (il rigore di un acerbo Vicario su Acerbi, trasformato da Immobile), il laboratorio del ritornante Sarri. A Coverciano non avranno gradito la fase di non possesso. Appunto: lasciatelo lavorare.

Grigliatina

Roberto Beccantini20 agosto 2021

Con il mercato che chiude a fine mese, azzardare una griglia ha poco senso. Si rischia di essere spiazzati dalla prossime mosse, da quel Cristiano, per esempio, che radio mercato indica tra color che son sospesi. Ma dal momento che proprio domani comincia il campionato dei campioni d’Europa, cedo.

1) Juventus; 2) Inter; 3) Milan; 4) Atalanta; 5) Napoli; 6) Roma; 7) Lazio; 8) Fiorentina; 9) Sassuolo; 10) Torino; 11) Sampdoria; 12) Cagliari; 13) Udinese; 14) Bologna; 15) Verona; 16) Genoa; 17) Empoli; 18) Spezia; 19) Salernitana; 20) Venezia.

Veniamo da una stagione epocale, l’Inter di Conte ha deposto la Juventus dei nove scudetti, ma Conte non c’è più, c’è Inzaghi, e non c’è più nemmeno Lukaku, c’è Dzeko. Manca, sulla carta, la squadra padrona. Dicono che sarà l’anno degli allenatori: è tornato Allegri chez Madama, è tornato soprattutto Mourinho, alla Roma, e poi Sarri alla Lazio, Spalletti a Napoli. Fissi, non più di un paio: Pioli e Gasp. La pole della Juventus è legata a Cierre: già così può succedere di tutto, figuriamoci senza.

Mi intriga la Fiorentina di Italiano, ma siamo sempre lì, che ne sarà di Vlahovic? Ventun anni e 21 reti lo scorso rodeo, tanto per rendere l’idea. Ci sono più portieri stranieri che italiani, e pure questo è un segno dei tempi: come la perdita, a zero, del migliore in assoluto, Donnarumma. C’è un nuovo designatore, Rocchi al posto di Rizzoli, Dazn ha sfrattato Sky, i cambi continuano a essere cinque, torna la gente negli stadi, le casse piangono e frignano come poppanti. Parigi è lontana, come una volta la Cina.

Era l’11 luglio, quando la nazione si unì attorno alla nazionale e mandò tutti a «coming Rome». Da domani, 21 agosto, ci si torna a dividere. «Ho commesso un sacco di stupidaggini che hanno dato buoni risultati e molte cose sagge che sono finite male», disse Winston Churchill. A modo suo, un «allenatore». Buon campionato.