Un gioco da ragazzi

Roberto Beccantini8 settembre 2021

So’ ragazzi, sì, e il compito era facile, ma i «prof» erano stanchi, si veniva da due pareggi che avevano rigato le certezze (!) e tra infortuni e manuale Cencelli toccava a loro. Cinque a zero. Kean, doppietta; Raspadori, autogol di Utkus e gol; più Di Lorenzo, autocross (cioè il cross che diventa gol, per la serie gli dei tolgono gli dei danno). E dal momento che la Svizzera, sbagliando un rigore (ah, gli dei), ha pareggiato a Belfast, in alto i calici, ma occhio al test del palloncino: da un eccesso all’altro, intendo.

L’Italia è 5a. nella classifica Fifa, la Lituania 134a. Gli elvetici la batterono, però, «solo» 1-0. Mancini invocava l’energia sfiorita, esigeva l’allegria diventata allergia. Le ha avute. Jorginho capitano (bella idea, dopo il «passetto» falso di Basilea), Bernardeschi dieci (però) e loro, i boys del 2000. Raspadori è un pesciolino dell’acquario sassolese che nuota fra squali: li stana, li sfida. Kean ha girato molto (Juventus, Verona, Juventus, Everton, Paris Sg, ancora una fettina-ina-ina di Everton e di nuovo Juventus), dicono che si fosse montato, il ct lo aveva escluso dal listone europeo, dipende da lui, lui Moise; una punta che non soffre più le Siberie delle fasce (sinistra, soprattutto, e destra).

Abbasso i paragoni con Immobile e Belotti. Sarebbero banali, oltre che alimentati da confronti «troppo» indiretti. L’unico discorso che regge è la concorrenza: stimola, aiuta a migliorarsi, corregge eventuali cali di forma.

Otto, i cambi rispetto a domenica sera. E la conferma che, contro le squadre di mezza tacca, siamo un plotone di esecuzione: 7-0 a San Marino, 6-0 alla Moldova, 9-1 all’Armenia, 6-0 e 5-0 al Liechtenstein. In passato, anche da campioni del Mondo, si era più parchi. E adesso, linea al campionato: Napoli-Juventus, Milan-Lazio. Sia riposto il tricolore. Fuoco alle pance.

Poco «rigore», ma non solo

Roberto Beccantini5 settembre 2021

Non si perde da 36 partite (record mondiale), ma non si vince da 4. Tre 1-1 con Spagna, Inghilterra e Bulgaria, lo 0-0 di Basilea. Rigori a parte fino a un certo punto. Jorginho lo aveva già sbagliato a Wembley, questa volta l’ha letteralmente «passato» a Sommer, l’hombre de la noche, sì, ma non per questo: se mai, per aver crivellato Berardi in una sfida da western, sceriffo contro bandito, e per aver disarmato Insigne.

Si complica, leggermente, la marcia verso il Mondiale: non ancora, comunque, da allarme rosso. Il problema è il titolo: non vorrei che dall’11 luglio in poi si pesasse tutto sul lordo della corona trascurando il netto dei valori. Che Mancini ha, indubbiamente, migliorato. Sono mancati Bonucci nelle rifiniture, Jorginho in mezzo (ebbene sì, capita) e davanti Insigne, Immobile, sempre testa o croce, Berardi. Il ct lo aveva preferito a Chiesa pensando, immagino, alla notte romana del 3-0. A metà campo, ho apprezzato i filtranti di Locatelli (che non avrei tolto). Dalla panchina, Chiesa e Zaniolo compresi, non sono giunte le munizioni auspicate.

Passata da Petkovic a Yakin, la Svizzera si è guadagnata la pagnotta con il sistema che, proprio nel suo ventre, covò un austriaco, Rappan: difesa serrata e contropiede. Tutti guerrieri, dietro Sommer: Akanji, Zakaria, Elvedi. Tutti, tranne Rodriguez, sicario del penalty. Le mancavano fior di titolari: Xhaka, Shaqiri, Embolo, Freuler. E questo dettaglio, per noi, è un’aggravante.

D’accordo, settembre di rado ci sorride. Buon primo tempo, secondo calante, pressing non sempre calibrato e, a tratti, reparti così lunghi da esaltare la garra di Chiellini e stuzzicare la lena degli avversari. Di Donnarumma, in due gare, non ricordo che una parata: su Zakaria. Il rigore avrebbe, probabilmente, cambiato tonnellate di aggettivi. E’ la storia millenaria del calcio: a patto di non fermarsi solo agli episodi.

Bollicine contro il muro

Roberto Beccantini2 settembre 2021

Uno a uno. Come con la Spagna, come con gli inglesi. Il terzo consecutivo. Era la prima da campioni, 53 giorni dopo Wembley. A Firenze, avanti popolo. Non credo alla pancia piena, almeno per ora, e nemmeno ai serbatoi mezzo vuoti, per quanto lo fossero. E, sempre per ora, non penso neppure a un Mondiale in pericolo: domenica a Basilea, la Svizzera. Servirà di più, certo. Soprattutto a ridosso dell’area: e possibilmente dentro. I topi d’archivio sbandierano, giulivi, il 79% di possesso palla e i dieci corner a zero. Un’aggravante, replicano, isterici, i cultori del risultato purché respiri.

Ha ripreso, la Nazionale di Mancini, dal gioco che aveva seminato: per la cronaca, e per la storia, sono 35 partite utili consecutive, eguagliato il record di Spagna e Brasile. I bulgari si sono difesi a catenaccio e, bucati dal gran gol di Chiesa, hanno pareggiato con un lampo, uno solo: Despodov che si scrolla Florenzi, confuso, e A. Iliev che brucia Acerbi.

E allora? Abbiamo palleggiato fitto, con Jorginho e Verratti (specialmente), abbiamo creato abbastanza ma non troppo, splendido un controllo di Insigne, in corsa, su lancio di Bonucci (così così); sugli scudi, si scriveva una volta, il portiere Georgiev. Il ct ha ruotato Chiesa (a destra, come si permette?), Immobile, Insigne, poi Raspadori e Berardi. Sempre avanti, sempre sul pezzo, senza però la mira e la «cattiveria» che spesso, nelle bolge, fanno la differenza. Un dribbling in più, un flitrante in più: non era facile, anche se qualcosa di meglio mi sarei aspettato.

Frizzanti e distratti per un tempo, poi leziosi, quindi noiosi. Emerson Palmieri non è Spinazzola, Immobile non era l’Immobile dei nostri poligoni, Barella friggeva, nervoso, e l’ingresso di Lorenzo Pellegrini al 90’ non l’ho proprio capito: era la mezzala più ispirata di questo scorcio. Alla fine ci hanno fatto prigionieri. Tutti indietro: mai fidarsi delle «maggioranze» bulgare.