Mani-comio e polveri bagnate

Roberto Beccantini28 settembre 2021

Profumo di Champions (di «Sheriffi» e di Paris: ici c’est Messì). Per noi, non proprio. Stava dominando, il Milan. Palla-gol di Rebic, sventata da Oblak, rete di Leao su tocco di Brahim Diaz, traversa «rovesciata» dello stesso Leao, il più diavolo del Diavolo. Dell’Atletico, nessuna notizia: se non la formazione sgangherata di Simeone e una gestione così «fea y aburrida» che neppure dalle parti di Livorno (mormorano i tanti Piave del Paese). Poi, al 29’, la sciocchezza di Kessié: già ammonito, va a caccia di guai e li trova. Secondo giallo, fuori. Di Cakir puoi dire solo: severo.

Non poteva non cambiare, l’ordalia. E’ passato dal gioco al cuore, il Milan. Tutti indietro. Poteva fare qualcosa di più, Pioli? Non credo. Poteva dare di più Giroud, penso. Fin lì, undici leoni: da Tomori a Bennacer, da Diaz a Saelemaekers a Calabria. Con Leao sul podio. Dopo, catenaccio e stampelle. Il Cholo si è corretto: dentro Joao Felix, Griezmann, De Paul. All’arrembaggio, per forza. Non certo per scelta. Mischie, un paio di parate di Maignan, una sgrullatina di Suarez e nuvole da quinta fumatori. Il pareggio, bello, lo firmava Griezmann: il peggiore. Poi, al 97’, un doppio mani-comio che, sono sincero, mai avrei trasformato in rigore: braccino di Lemar, braccione di Kalulu. Da petto a petto. Il Var, turco, ha confermato il fischio dell’arbitro, turco. Una beffa, sì: con il rimpianto per l’incipit, splendido, e il rimorso per Kessié, impulsivo. Fra Anfield e materassai, zero punti. Urge vincere al Wanda.

Arriva da Kiev, nel frattempo, il terzo 0-0 consecutivo fra Shakhtar e Inter. Se all’anima brasiliana degli ucraini aggiungi il palleggio sofisticato di De Zerbi, avrai una squadra piacevole ma tenera. Ciò spiegato, non una grande Inter. Un po’ pigra, un po’ lunga, con i tenori incapaci di impossessarsi della trama e degli episodi:
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«Carissima»

Roberto Beccantini26 settembre 2021

Fin lì, a parte un tuffetto da malandro, Dybala era stato il migliore: bel gol di sinistro, assist a Chiesa e Morata. Una ventina di minuti. Problemi muscolari, annunciati dalle lacrime. E dal momento che si sarebbe poi infortunato anche Morata, coraggio. E’ il prezzo, salato, della vittoria con la Sampdoria: 3-2, come al Picco. Risultati zemaniani per un tecnico che è il suo opposto.

Che Juventus è stata? La solita, salvo per il 4-2-3-1 (forse). Primo tempo pimpante, da 4 a 1. E invece «solo» 2-1: Bonucci che trasforma il rigore per mani-comio di Murru, Bonucci che si perde Yoshida, perso da Alex Sandro. Ripresa conservativa, al netto del blitz del crescente Locatelli, apparecchiato da un cameriere improvvisatosi chef: Kulusevski, il sostituto dell’Omarino. Kulu, nel Parma, era un giocatore verticale, da area ad area. Non (anche) orizzontale, come trame più raffinate suggerirebbero. La Sampdoria di D’Aversa gioca così: imbarca acqua, se non l’affondi galleggia e, incurante delle falle, manda i suoi pirati all’arrembaggio. Candreva, assist e gol, è un corsaro uscito dalla penna di Salgari.

Allegri era alla 400a. panchina di A. Palla al piede, la sua Juventus sa essere gradevole. Palla agli altri, ondeggia. E se Cuadrado ha sbagliato sul secondo, Thorsby si era fatto borseggiare sul 3-1. L’ingresso di Chiellini è stato un omaggio, penso, alla filosofia del mister, che al circo ha sempre preferito il «tirchio». Sfruttare la velocità di Chiesa è un’idea. Se però il contropiede decolla da lontano, non appena i caccia avversari lo intercettano, il campo da coprire si palesa così vasto da sfiancare l’intero equipaggio. Non a caso, i secondi tempi di Madama sono sempre di estrema sofferenza. Per sua fortuna, pure la Samp si allungava, offrendo la schiena a troppi pugnali (persino di Bentancur).

Senza Dybala e Morata contro il Chelsea e nel derby. Halma.

Come al luna park

Roberto Beccantini25 settembre 2021

Come al luna park. «Venghino, venghino». Inter e Atalanta l’una contro l’altra armate. E affamate, un po’ montagne russe un po’ tiro a segno. Con il Var, novello Nazareno, a trasformare l’acqua in vino (un mani-comio di Demiral, non colto, in rigore) e il vino in acqua (un gol, il 3-2 di Piccoli, in corner, perché la palla giocata da Handanovic era già uscita). Decisioni corrette.

Due a due, dunque. Migliori in campo, per acclamazione, Malinovskyi e Barella. L’ucraino: la rete dell’1-1, splendida, un gran palo, il tiro che Toloi ha raccolto da un amletico Handa e tradotto nel sorpasso. Il sardo: l’assist per il lampo di Lau-Toro e un sacco di altre cose.

Subito i campioni a tavoletta, poi la reazione e il palleggio della Dea, quindi azioni di qua e azioni di là. Inzaghino e Gasp si sono menati a tutta birra. Sarà un caso, ma l’Atalanta ha cominciato a flettere dopo l’uscita di Malinovskyi, per quanto Ilicic e Piccoli non abbiano lesinato energie. Il tap-in di Dzeko consegnava l’ordalia a un epilogo degno della trama. Sembrava una sentenza, il penalty affidato a Dimarco (coraggioso, sì, ma perché proprio a lui, fresco di panchina?). La traversa ridava fiducia ai bergamaschi: capita spesso, quando dalle lamiere di un frontale esci, miracolosamente, senza graffi.

L’Inter molto timbra (già 20 gol) e molto incassa (già 7): sembra la Dea della scapigliatura. La scorsa stagione, a San Siro, vinse 1-0, ma tirò di meno e «catenacciò» di più. L’Atalanta, dalle partenze lente, mi è parsa in forte ripresa. Più che le fasce, il risultato l’hanno orientato i duelli di centrocampo, là dove, Brozovic e c. faticavano a contenere Malinovskyi. Il lavoro sporco di Zapata, l’altalena di Martinez e Dzeko; e fra i portieri, meglio Musso: le squadre erano acrobati in bilico su un cornicione, sempre sul punto di cadere ma, alla fine, in piedi.