Atterraggio con turbolenze

Roberto Beccantini18 agosto 2018

L’atterraggio di Cristiano Ronaldo sul pianeta Italia è stato sobrio, da sei e mezzo, in linea con una partita che la Juventus ha rischiato di perdere per eccesso di confidenza, dal gol-lampo di Khedira ai colpi di tacco, alla sensazione che per ubriacare l’avversario bastasse un bicchier d’acqua.

Il Chievo si era messo lì, tutto indietro appassionatamente. Se è riuscito comunque a fare due gol – il primo con Stepinski, di testa, su cross di Giaccherini, il secondo con lo stesso Giac, su rigore, per fallo di Cancelo – lo deve a un avversario che, dovendo celebrare un «battesimo», si era dimenticato di controllare, se non proprio il parroco, almeno i chierichetti.

Cristiano mi è piaciuto più nel secondo tempo, da esterno, che nel primo, da centravanti. Ha tirato molto, ha impegnato Sorrentino, ha sfiorato il gol e avrebbe meritato un Dybala meno vago. Era la sua prima Juventus, la Juventus del dopo Buffon, Marchisio e ci metto pure Higuain. E’ scivolata da cavallo quando sembrava felicemente e facilmente lanciata al trotto, se non proprio al galoppo. Si è rialzata in extremis.

Pjanic e Khedira più Cuadrado e Douglas Costa, Cristiano e Dybala, Cancelo e Alex Sandro necessitano di automatismi che andranno oliati in fretta. Palla al piede, ci si diverte: e su Cancelo mi è parso che ci potesse stare un penalty. Palla agli altri, i (rari) pizzicotti del Chievo hanno dimostrato che non bisogna mai dare nulla per scontato. Neppure se hai Cristiano e una panchina dalla quale estrarre, a turno, l’uomo della provvidenza: oggi, Bernardeschi.

Bonucci, dopo aver dormito su Stepinski, aveva propiziato l’autogol di Bani. Un brusco impatto con Cristiano ha sottratto a Sorrentino, fin lì tra i migliori, gli ultimi, fatali, minuti. Sono i risultati che non piacciono ad Allegri: troppo grassi.

La mia griglia

Roberto Beccantini17 agosto 2018

Non è facile passare dalla tragedia di Genova alla griglia del campionato. Proviamoci insieme. La mia è questa, non certo un inno alla fantasia. La Juventus vince lo scudetto da sette anni, e con Cristiano Ronaldo entra in una nuova dimensione che, sul fronte Champions, potrebbe far rima con ossessione. Inter e Roma, Napoli, Milan e Lazio l’aspettano al varco. Colgo un soffuso scetticismo nei confronti del Napoli. Mi sbaglierò, ma il passaggio da Sarri ad Ancelotti mi ricorda la staffetta milanista tra Sacchi e Capello. Fatte le debite proporzioni delle rose, del contesto, del periodo.

1. JUVENTUS

2. INTER

3. ROMA

4. NAPOLI

5. MILAN

6. LAZIO

7. ATALANTA

8. FIORENTINA

9. TORINO

10. SAMPDORIA

11. GENOA

12. SASSUOLO

13. BOLOGNA

14. CAGLIARI

15. SPAL

16. PARMA

17. UDINESE

18. CHIEVO

19. EMPOLI

20. FROSINONE

Contenti loro…

Roberto Beccantini1 agosto 2018

I mercati della Juventus, anche i più arroganti, sono stati quasi sempre «sottrazioni». All’alba del Duemila, e in piena Triade: più Trezeguet meno Inzaghi, girato al Milan la stagione successiva (e con il Milan vincitore di ben due Champions, la prima contro la Juventus). Subito dopo: meno Zidane (e Inzaghi), più Buffon, Nedvev e Thuram. In tempi più recenti: più Higuain meno Pogba.

Ciò premesso, il triangolo Higuain-Bonucci-Caldara riassume, sulla carta, molto più che una sottrazione. Immagino come l’avrebbe definito Fantozzi: più o meno come definì «La corazzata Potemkin». In ordine sparso:

1) Dal Real non avrei preso Cristiano ma Modric e comunque, per carità: anche se a 33 anni CR resta uno dei due extraterrestri in circolazione, l’altro è Messi. E’ un trasferimento che, in barba all’età, coinvolge il campo e l’indotto. Però sì, è il colpo del secolo (anche se di un secolo appena maggiorenne, visto che siamo nel 2018).

2) Mi spiace per Higuain, un campione e non un fuoriclasse, emotivo come Vettel, ma pur sempre una carabina da venti gol abbondanti a stagione. Se non altro, da grasso che cola diventerà grasso che vola. E’ il «prezzo» che la Juventus ha voluto pagare al Cristianesimo e, con tutto il rispetto, a una liturgia nella quale ho colto tracce di delirio di onnipotenza: tanto prima o poi Higuain lo piazziamo alle nostre condizioni. Salvo piazzarlo, alla fine della giostra, alle condizioni del Milan. Non a caso Leonardo ha preteso che nell’operazione entrasse «gratis» Caldara. Il Milan, fuor di metafora, ha «pagato» Caldara attraverso il prestito del Pipita. Ripeto: il prestito, con diritto (e non obbligo) di riscatto.
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