Al di là dello scarto

Roberto Beccantini30 giugno 2018

Ha vinto, la Francia, al di là dello scarto e di quei «momenti Versailles» che hanno tenuto in vita l’Argentina fino alla fine. E’ stato un ottavo folle, con un risultato da fase a gironi (4-3), divertente, appassionante.

I bleus hanno lasciato la palla agli avversari e sono volati nello spazio come gli americani sulla luna. Kylian Mbappé, soprattutto. Un rigore, poi trasformato da Griezmann, due gol: ad alcuni ha ricordato il Ronaldo brasiliano, a me Jonah Lomu, l’all black che correva verso la meta e più gli si aggrappavano allo sterno più li sputava via. Compie 20 anni il 20 dicembre. Invidio Deschamps.

Ite, Messi est. A 31 anni, mai a segno dagli ottavi in poi. Triste, solitario y final. Qualche dribbling, il tiro per Mercado (diventerà un assist, rimane un tiro), l’assist superbo (questo sì) per Aguero, troppo tardi sdoganato da Sampaoli o chi per lui. Resteranno, e comunque, i Mondiali di Leo. Perché gli ultimi, probabilmente; perché mai all’altezza delle ambizioni sue e del popolo che, bambino, lasciò (e per alcuni tradì, addirittura). Il «falso nueve» non l’ha aiutato, anche perché era un falso d’autore. Guardiola, al Barça, mica toglieva gli attaccanti (Eto’o, David Villa): li allargava. E neppure Luis Enrique (Neymar, Suarez). «Il mio centravanti è lo spazio» continua a mietere vittime. E non solo tra le briscole dei bar sport.

Bellissimi i gol di Di Maria (sinistro filante da distanza desertica) e Pavard (alla Nacho anti-Portogallo). Preziosi Pogba e Matuidi, sempre sul pezzo Kanté e, Mbappé a parte, molto utile ed efficace il piccolo diavolo che ha giurato fedeltà al Cholo.

Con il Brasile, l’Argentina era una delle mie finaliste virtuali. Non ha mai avuto né un portiere né una fase difensiva decenti e così, a furia di cambiare, si è trovata a discutere Messi. Ma si può? Dimenticavo: chapeau all’arbitro iraniano.

L’altro mondo

Roberto Beccantini29 giugno 2018

A «parità» di Mondiale, con l’eliminazione diretta si entra in un altro mondo. I supplementari e i rigori non escludono certi calcoli e neppure certi catenacci, come documenta il diario delle passate edizioni, ma su ogni scelta e su ogni episodio incomberà il massimo della legge: dentro o fuori.

Scritto che in teoria, per laurearsi campioni, potrebbero bastare quattro pareggi e una buona mira dal dischetto, a conferma che nessuna formula è perfetta, vi giro i miei pronostici.

Francia 55% Argentina 45%. Se l’Argentina ha giocato male, la Francia non ha entusiasmato. A ribadire che dipende da Messi non si sbaglia ma si rischia – giustamente – di non essere letti. Prendo la rosa di Deschamps, anche se il bilancio parziale – un gol su azione, uno solo – non è da podio.

Uruguay 55% Portogallo 45%. Chissà perché, sento che la garra charrua di Godin e c. possa imprigionare sua maestà Cristiano.

Spagna 55% Russia 45%. Fra una squadra non sempre di Hierro e il fattore campo, scelgo le sartine con l’orco (Diego Costa).

Croazia 60% Danimarca 40%. Sulla carta, una delle sfide più sbilanciate. A meno che la zavorra del pronostico non schiacci il centrocampo più bello del mondo.

Brasile 60% Messico 40%. Pure qui, i confini sono netti. L’ultimo Brasile è in crescita, l’ultimo Messico in calo.

Belgio 60% Giappone 40%. Talento contro corsa, orgoglio. Il fioretto di Hazard e Mertens, la corazza di Lukaku sembrano proprio scorciatoie. Occhio, però, all’allegria difensiva.

Svezia 51% Svizzera 49%. La partita più sporca, brutta ed equilibrata. A Petkovic manca mezza difesa. Un indizio, forse.

Colombia 45% Inghilterra 55%. In balia del recupero di James Rodriguez, i cafeteros sono una Mina vagante, di nome e di fatto. Torna Kane, torna l’artiglieria pesante. Per questo, England.

L’ex calcio del Duemila

Roberto Beccantini28 giugno 2018

Nel 2010 il Ghana arrivò a una «parata» di Suarez dalla semifinale. Nel 2014 ce n’erano due, negli ottavi: Algeria e Nigeria. Uscirono lì. Nel mondo, l’Africa è ferma ai quarti: Camerun, Senegal e il Ghana di cui sopra. Ed era dal 1982 che non ne portava almeno una oltre la fase a gironi.

Stiamo parlando di quello che definimmo il calcio del Duemila. E’ arrivato il Duemila, non è arrivata l’Africa. Che gli altri continenti continuano a saccheggiare – Europa in testa – offrendo in cambio piani Marshall di dubbia legalità. A ciò si aggiunga la miscela esplosiva di stati tali solo sulle mappe e di regimi politici che, invece di servire lo sport, lo usano. Eppure il primo Pallone d’oro extraeuropeo fu George Weah, oggi presidente della Liberia: giocava nel Milan, era il 1995.

L’ultimo a cadere, in Russia, è stato il Senegal. Aveva gli ottavi in tasca, ha perso con la Colombia dopo averla spesso controllata. E’ uscito per una storia di cartellini che ha premiato il Giappone. La parità assoluta – di punti, di differenza reti, di gol segnati, del confronto diretto – rendeva indispensabile, anche se brutale, un criterio dirimente. Pur di evitare il sorteggio, è stato scelto il fair play (?).

Il Senegal aveva battuto la Polonia (2-1) e pareggiato con il Giappone (2-2). I rimpianti penso che siano concentrati, soprattutto, nella doppia rimonta subìta dagli asiatici e nel rigorino difficile da assegnare – su Mané, contro i cafeteros – ma ancora più difficile da ritirare. L’infortunio di James Rodriguez sembrava un piccolo risarcimento; la schiacciata di Mina, un pivottone di quasi due metri, è stata l’ultima, fatale, distrazione.

A chiamarla «solo» iella, l’Africa corre il rischio di restare sempre il calcio che verrà. E non lo merita.