Calma, anche se il gol pesa

Roberto Beccantini27 settembre 2017

Un pianto greco, almeno per un’ora. Perdendo Pjanic, Allegri perde le uniche scorte di geometria. Si batte, Bentancur, recupera e tocca, ma non apre, non lancia. E poi a destra Sturaro terzino è un ossimoro, non certo per colpa sua. Il luna park del derby, figlio di tutt’altro impatto ma anche dell’uomo in più, diventa il catenaccione dell’Olympiacos, un 4-5-1 che non esclude, al primo errore degli avversari (ce ne saranno, ce ne saranno) contropiedi fastidiosi come zanzare.

Il ritmo è lento, il gioco senza palla minimo, Douglas Costa e Cuadrado sono sempre accerchiati, Dybala spedito all’ala destra è un naufrago di talento, ma pur sempre un naufrago. Succede qualcosa sui cross e sugli angoli, due incornate di Mandzukic, una di Sturaro, un sinistro di Dybala, efficaci zompi di Proto, un autopalo di Engels.

Ma non è Juventus da serata di gala. E’ Juventus barbosa, che non porta nessuno all’uno contro l’uno. L’Olympiacos ha cambiato l’allenatore e, attorno ai muscoli di Odjidja, gioca più o meno come Leonida giocò alle Termopoli. Solo che i dirmpettai non sono i Persiani raccontati da Erodoto.

Fino, almeno, all’ingresso di Higuain. Decisivo sin qui quando usciva, questa volta lo è stato entrando. Ha firmato il gol rompi-ghiaccio, su bella azione Mandzukic-Alex Sandro, e avviato la trama del raddoppio, siglato da Mandzukic, «via» Dybala e flipper di ginocchio.

E così, alla fine, Juventus due Olympiacos zero. Un cerotto al girone di Champions, l’ennesimo cin-cin ai cambi di Allegri. Se il lanciatore più assiduo, a un certo punto, era Chiellini, il risultato è sempre la bacchetta di un mago: trasforma la noia in calcoli, la pazienza in lavoro ai fianchi, i gol in frutti maturi e, dopo tanto penare, Higuain in Higuain.

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Derby interruptus

Roberto Beccantini23 settembre 2017

Era un derby che la Juventus aveva preso subito per le corna: pressing di Pjanic su Rincon e gran sinistro di Dybala. L’hanno chiuso, già al 24’, le follie di Baselli, soprattutto la seconda (sul bosniaco). Sono i rischi che si corrono a caricare troppo le squadre: Mihajlovic ne faccia tesoro.

Con il Toro in dieci, il derby è finito lì. Il derby granata, almeno. Per lasciare fuori Higuain – anche «questo» Higuain – ci voleva coraggio. Allegri l’ha avuto, ricavando da Mandzukic più profondità e più fisicità. Già preziosi e significativi, i cambi di gioco sono diventati letali, come quello che ha propiziato, «via» Cuadrado, il raddoppio di Pjanic, migliore in campo con il croato e Dybala.

L’espulsione di Badelj, mercoledì, non aveva scavato un simile fosso. Due i motivi: la Juventus, memore, non ha mai staccato la spina; Il Toro, stordito, non ha più saputo reagire. Belotti abbandonato, Ljajic disarmato: solo le parate di Sirigu, nella ripresa, gli hanno evitato la goleada, anche se lo 0-4, timbrato da Alex Sandro e Dybala, proprio uno scarto anoressico non è.

Per mezz’ora, la miglior Juventus della stagione. Brillante e fluida. Per il resto, pura accademia. Sono già dieci, con la doppietta odierna, i gol del piccolo Sivori, a conferma che le posizioni nascono alla lavagna, sì, ma maturano in campo.

Primi sorsi di Douglas Costa e, a risultato in ghiaccio, di Bernardeschi. Sempre efficace la quantità di Matuidi. Naturalmente, in proiezione Champions e oltre, non si può non riandare alla cesura di Baselli, un freno alle iperboli. Però, ripeto, la Juventus si era alzata dai box con il piglio della squadra che neppure allo Stadium sempre sa essere.

Juventus e Napoli a punteggio pieno. Quattro vittorie in casa, Allegri; quattro fuori, Sarri. E’ cominciato l’autunno caldo.

L’avara

Roberto Beccantini20 settembre 2017

C’è chi pasteggia a caviale e champagne, il Napoli all’Olimpico laziale (Mertens, soprattutto: chapeau), e chi a pane e salami, la Juventus con la Fiorentina. Si riposava il Creatore e figuratevi, dunque, se oserò mai prendermela con Dybala. Il problema non è lui, è Higuain: vivo, ma poco nel vivo.

Immagino le risse fra Risultatisti e Prestazionisti. Cinque vittorie su cinque, tre punti in più di un anno fa e un saldo gol di 14-3 contro 11-4: tiè. Con la Viola in dieci si è sofferto come una signorinella pallida, altro che Signora Thatcher dei miei stivali: ciapa su.

Le diplomazie sono al lavoro. Era la classica partita-trappola prima del derby: anche la Lazio per il Napoli, ma questa è una pratica che compete a un altro foro. La squadra di Pioli ha montato un catenaccione da tv in bianconero e non ha mai tirato in porta. La rosa è giovane, diamogli tempo. A onor del vero, sono stati rari pure i rischi corsi.

Il turnover di Allegri era legittimo. Ho apprezzato il nerbo geometrico di Bentancur – a volte, però, troppo orizzontale – la vivacità di Cuadrado e il tuttocampismo di Mandzukic. Suo il timbro sul tabellino dopo che, deportato a sinistra, aveva firmato il cambio di marcia a fine gennaio. Per il resto, così così Sturaro terzino, prezioso Asamoah e di livello, ma a questi livelli, la prestazione di Barzagli.

Dalla Var la Juventus ha avuto un rigore in meno e un espulso in più (Badelj). Ecco: avrebbe dovuto essere, comunque, una piccola rampa di lancio. Viceversa, se escludiamo un paio di occasioni, si è ritirata sotto la tenda, lontano da ogni tipo di tentazione (e di circo). Nell’ultimo quarto d’ora, la squadra in undici sembrava la squadra in dieci. Gli spiccioli concessi ai 40 milioni di Bernardeschi, il grande ex, sanno di mancia. C’è chi può.