Scusate l’anticipo

Roberto Beccantini23 dicembre 2016

Non ha senso arrivare in anticipo se poi, dopo un quarto d’ora, ci si ritira sotto la tenda. Meglio arrivare in ritardo, come ha fatto il Milan: a Doha e in partita. Hanno deciso i rigori, epilogo che diffonde sempre nuvole di lotteria, ma il verdetto globale non è iniquo. Tutt’altro.

La solita Juventus, subito a segno (con Chiellini) e poi subito in trincea o quasi. Per Allegri, i problemi sono due. Il primo riguarda i terzini: uscito Alex Sandro, è «entrato» Suso, e ha sabotato la trama. La palla del pareggio e molto altro: povero Evra. A destra, in compenso, Lichtsteiner ha sofferto Bonaventura, che dell’1-1, non a caso, è stato l’autore.

Il secondo (problema) coinvolge l’altalena Pjanic-Dybala. Verrebbe da dire, rovesciando il celeberrimo detto, meglio un «morto» che due feriti. Meglio una scelta netta di una (troppo) bipartisan. E occhio alle tre punte: dal salotto sembrano viagra, ma mettevi nei panni degli sherpa che, a centrocampo, devono trasportarne gli zaini e le munizioni.

Per aprire la scatola, Montella ha usato le «ali», Suso e Bonaventura, «ali» adeguate alle esigenze del calcio moderno. In attesa del closing, Berlusconi può così festeggiare il 29° trofeo del suo trentennio. Tanti quanti il mitico Santiago Bernabeu: sul piano numerico, almeno. La gioventù e l’anima italiana hanno portato il Milan oltre i propri limiti. Romagnoli (traversa) e Bacca stavano per scongiurare i supplementari, Dybala stava per domarli. Ecco: alla Juventus è mancata proprio la differenza di Higuain e di Dybala. Nel derby e con la Roma la fecero. Anche se sul rigore di Dybala, va da sé, la complicità di Donnarumma è stata enorme. Per la cronaca, e per la storia, il penalty decisivo se l’è preso, e l’ha realizzato, Mario Pasalic, classe 1995.

Complimenti al Milan, e buon Natale a tutti.

La spada nella roccia

Roberto Beccantini17 dicembre 2016

E’ stata una partita di grande fisicità, all’inglese, risolta da una prodezza. Il gol di Higuain, bellissimo, appartiene al repertorio dell’ex grasso-che-cola. Juventus e Roma se le sono date di santa ragione, rubandosi le fette della torta. Primi quindici minuti: solo Juventus. Poi pilota automatico. Primi venti minuti della ripresa, solo Juventus, con Szczesny che sfila il 2-0 a Sturaro. Poi, per un quarto d’ora, solo Roma (calci d’angolo, mischie, brividi). Quindi, dopo l’ingresso di Dybala, più Juventus che Roma, con Szczesny (ancora) a salvare su Sturaro (ancora).

Morale: Allegri le ha azzeccate tutte, staffette comprese (Pjanic-Cuadrado e Higuain-Dybala), Spalletti no. Gerson è stato un azzardo, non meno del recupero forzato di Salah. La Juventus è la Juventus, nessuno azzanna le partite come lei (sette gol nel primo quarto d’ora, record) e quando sembra che le scappino via, ecco Rugani, ecco Sturaro, ecco il cemento del gruppo.

Venticinquesima vittoria consecutiva in casa. E, per la Roma, sesto k.o. allo Stadium: non possono essere solo banali coincidenze, e difatti non lo sono. Non è bastato un guerriero come Nainggolan, non è bastato l’ingresso di El Shaarawy (al posto di De Rossi), non è stato sufficiente buttare il cuore oltre l’ostacolo, letteralmente. Troppo alto, l’ostacolo. Da Lichtsteiner «portiere» (sua la parata più complicata, su Manolas) a Mandzukic, ad Alex Sandro, concessionario della fascia sinistra. Il migliore della Roma? Szczesny, e già questo spiega molto. Tra i peggiori, invece, Strootman.

Le cadenze salgariane si sono inghiottite il duello tra Higuain e Dzeko. Un gol, e che gol, contro modiche sponde e zero tiri. La partita si può leggere anche così, ma sarebbe fare torto allo «sturm und drang» dell’ordalia.

Più Allegri di Sarri

Roberto Beccantini12 dicembre 2016

Porto-Juventus fu la finale di Coppa delle Coppe 1984, a Basilea. E fu anche la partita rinviata dall’Uefa dopo l’attacco agli Usa dell’11 settembre 2001: si recuperò in ottobre e finì 0-0. Nei play off ha eliminato la Roma: 1-1 in casa, 3-0 all’Olimpico. Nel girone, si è piazzato dietro il Leicester, demolito per 5-0.

Il calcio portoghese è campione d’Europa e, dunque, va preso con le molle. Inoltre, da qui a metà febbraio manca una vita, e molto potrà succedere. Tutto ciò premesso, non si può non riconoscere alla Juventus i favori del pronostico. Soprattutto, se saprà crescere attorno a Dybala come ha dimostrato nella coda del derby.

Gli ottavi di Champions fissano, per tradizione, il passaggio dalla fase a gironi all’eliminazione diretta. Tutta un’altra cosa: e, spesso, tutta un’altra storia. E’ andata peggio al Napoli. Il Real è sempre il Real, anche se gli mancherà Bale, l’ultimo «Rambo». Il quarto pallone d’oro a Cristiano Ronaldo, la «zona Ramos» non meno suggestiva della «zona Cesarini», un allenatore come Zidane: sono i campioni in carica, i blancos, e non perdono da 35 partite.

Il Napoli ha un gioco verticale, rapido, che può mettere in crisi chiunque. Anche il Real. Per scalare la montagna, dovrà dare il massimo. Il recupero di Milik si annuncia prezioso. Real-Napoli andò in onda ai tempi di Maradona. Stagione 1987-’88, primo round. Al Bernabeu, squalificato, si giocò a porte chiuse: 2-0. Al San Paolo, strapieno, l’avvoltoio (Butragueno) replicò a Francini: 1-1 e buona notte ai suonatori.

Questo per concludere, il mio borsino: Manchester City 60% Monaco 40%; Real Madrid 60% Napoli 40%; Benfica 45% Borussia Dortmund 55%; Bayern 51% Arsenal 49%; Porto 45% Juventus 55%; Bayer Leverkusen 45% Atletico Madrid 55%; Paris Saint-Germain 30% Barcellona 70%; Siviglia 55% Leicester 45%.