Oggettivamente

Roberto Beccantini28 dicembre 2012

Non è un argomento festaiolo, ma se ne parla anche sotto l’albero. La responsabilità oggettiva. Il Napoli, coinvolto in Scommessopoli, l’ha presa a calci, invocando la separazione dei «mali». E’ un tema ricorrente, implacabile. C’è quella «diretta», quella semplicemente «oggettiva» e quella «presunta»: mille sfumature di grigio. L’ha citata anche Andrea Agnelli, nella sua agenda.

Parliamone. Discutiamola. Guai, però, a polverizzarne l’ossatura. Non sarebbe un nuovo inizio. Sarebbe un’altra fine. Dal 1980 a oggi, nonostante la responsabilità oggettiva, e sottolineo: nonostante, il calcio italiano ha conosciuto lo scandalo del toto-nero, passaportopoli, doping farmaceutico e doping amministrativo, premiopoli, calciopoli e, appunto, scommessopoli. Provate a immaginare uno sport che vi rinunziasse: uno sport in cui eventuali combine – o tentatitivi di – venissero scaricate esclusivamente sui tesserati e non più sui club. Povero sport.

Un buon avvocato vale ormai quanto un buon centravanti. Ci sono casi limite che hanno messo in crisi anche il sottoscritto, dalla celeberrima monetina di Alemao al feroce tavolino di Cagliari-Roma: giusto punire il Cagliari, sbagliato premiare la Roma.

Se ogni partita fa storia a a sé, figuriamoci ogni disputa, ogni controversia, ogni deferimento. Vale, per la responsabilità oggettiva, l’aforisma di Winston Churchill sulla democrazia: il peggiore dei sistemi politici, tranne tutti gli altri. Si cambi, al limite, il percorso della giustizia sportiva. Lo si renda meno frenetico, si sterilizzi l’omessa denuncia, si dia più spazio alle difese, soprattutto adesso che la figura del pentito ha coinvolto – e, in alcune circostanze, stravolto – un iter forzatamente «abbreviato». Ma la responsabilità oggettiva, no: è l’ultima stampella.

Senza aiutini

Roberto Beccantini22 dicembre 2012

Roma-Milan non mi ha strappato dalla sedia. Ha vinto la squadra più scaltra, più concreta, quella che ha giocato più di testa (tre gol su quattro) e con la testa. D’accordo, tripletta in mezz’ora, ma non è stato un bombardamento: un corner, un cross, un taglio. Zeman aveva lasciato il centro del ring ad Allegri. Restano zeminiani i risultati, spesso obesi, un po’ meno l’atteggiamento spavaldo, la difesa a metà campo, la voluttà di sporgersi dal davanzale che ne avevano fatto un allenatore diverso, un maestro tutto d’un dogma.

Ci scanneremo sempre, su Zeman e per Zeman. Chi pro e chi contro. Il Milan gli ha dato una mano. Se non segna El Shaarawy, sono dolori. Un disastro, la difesa. Un disastro, Montolivo. Le quattro vittorie della riscossa erano state scolpite da una modica crescita, dai numeri del faraone e da aiutini assortiti. Liberissimi, i trombettieri, di privilegiare le visite pastorali del Cavaliere. Ar-core non si comanda.

La Roma è a meno quattro dal secondo posto, il Milan a meno nove. La Roma è un impasto di qualità disordinata, capace di molto, attratta dagli eccessi, in balìa di un vittimismo che ha spesso contribuito a frustrare le ambizioni e ad allontanare i traguardi. Con Zeman ha 32 punti, con un altro allenatore quanti ne avrebbe? De Rossi titolare ha fatto un partitone (con dedica, immagino…). Certo, anche all’Olimpico la rotta l’hanno indicata gli episodi, e proprio per questo sarebbe ridicolo prendere per oro colato la «rimontina» finale, agevolata dal rosso a Marquinhos.

Altro che attacco: fossi in Galliani, a gennaio terrei d’occhio i «saldi» difensivi. Allargando il discorso, a tutte le sfidanti mancano l’equilibrio e la continuità della Juventus. Quella continuità che non abbandona Francesco Totti, 36 anni e 221 gol. E tornando a De Rossi, mai più riserva, Scommettiamo?

Al di là di Damato

Roberto Beccantini21 dicembre 2012

Molle e supponente, la Juventus ha regalato un tempo, eppure: tre gol, due pali, miracoli di Agazzi, un rigore sbagliato. Vero, il Cagliari ha chiuso in nove (Astori espulso, Ekdal zoppo). Vero anche, però, che è successo di tutto. Spiace dover parlare di un arbitraggio pessimo, ma non posso farne a meno. Cellino si è detto «disgustato» del calcio. Sapesse il calcio…

Nel dettaglio. Se era rigore il contatto Vidal-Sau, segnalato da Orsato a Damato, lo era, a maggior ragione, quello tra Astori e Quagliarella al 39’: e Astori era già ammonito (come Murru, graziato in avvio di secondo tempo e subito sostituito, alla Lichtsteiner di Juventus-Inter). Avanti pure: come abbia fatto Orsato a non suggerire a Damato la spallata di Nainggolan ad Asamoah resta un mistero: sarebbe stato rigore più espulsione. Hanno parlato di fuorigioco del ghanese. Visto e rivisto: mah. Rigore poi fischiato, e fallito da Vidal, per un contatto Del Fabro-Giovinco (vedi Vidal-Sau). Per concludere, il secondo gol di Matri è stato propiziato da un rinvio di Nené su un braccio di Vidal, sempre lui, incollato al corpo: per me, involontario; per il trend stagionale, sanzionabile.

Veniva da quattro sconfitte, il Cagliari. Ha giocato con la rabbia di chi lamenta un grave torto: il rifiuto dell’avversario a giocare nel suo stadio. Il deserto di Parma è stato testimone di un’ordalia che, alla storia, tramanderà solo Damato e la doppietta del risuscitato Matri. La partita è stata cambiata dal rosso ad Astori (20’ st) e dagli ingressi di Padoin, Vucinic e di Matri, appunto. La vigilia del tecnico era stata tutta uno sprone, un comizio. Immagino che avesse fiutato qualcosa di morbido. Con Thiago Ribeiro su Pirlo, i sardi avevano imprigionato i campioni. Il tremendismo di Naingoolan non è bastato. Dodici vittorie su dodici, 36 punti su 36: è proprio una Juventus mangia-piccoli.