Guerra e farsa, avevo scritto il primo dicembre. Era troppo facile anticipare come – e dove – sarebbe finito lo strombazzatissimo tavolo della pace. Non ditemi che qualcuno di voi c’è cascato. Ricapitolo per sommi capi (anche se non ne vedo, di capi sommi). Andrea Agnelli, presidente della società i cui dipendenti sono stati condannati in primo grado a svariati anni di reclusione per «associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva» contro Massimo Moratti, presidente-padrone della società prescritta sul piano sportivo per illecitoarticolosei, il massimo, e gratificata di uno scudetto non già da una sentenza ma dal parere di tre saggi, ignari, all’epoca, di certe telefonate. Poi, in ordine sparso, una scorza di Galliani (che si inventò lo spinga spinga prima del bunga bunga), un goccio di Della Valle (noi, così casti e così indifesi) e l’aceto (balsamico?) di De Laurentiis, convocato, suppongo, per trasformare cotanto sinedrio in un «Amici miei» da operetta.
Nei Paesi normali, Calciopoli sarebbe stata risolta in maniera normale. E cioé: aspettando i verdetti d’appello e promuovendo una indagine seria per fare luce sulla scomparsa di determitate bobine, nell’estate del 2006. Inoltre, dopo un simile fiasco, in un Paese normale i Petrucci e gli Abete avrebbero tolto il disturbo. Di solito, persino dal più rozzo dei confronti esce lo straccetto di un ciclostilato allusivo e lassativo. Stavolta, zero. In attesa che il Tar si pronunci sui 444 milioni della guerra Juve-Figc, il presidente del Coni non ha avuto la forza di ricordare ad Agnelli quanti siano gli scudetti, mentre il suo pupillo non ha avuto il coraggio di decidere sul tavolino interista.
Questi siamo. Gianni Petrucci, il competente del giorno dopo. Giancarlo Abete, l’incompetente del giorno prima. Per concepire sul serio un calcio nuovo, urge la pillola del giorno stesso.
Lex, sono un pocologo, non un tuttologo. Mi chiedi di cose troppo “alte” per me. Aspettare le motivazioni, no?
Ezio, qual è il problema (secondo me)? Ne ho parlato in svariate conferenze. In passato, quando ero giovane e la tv aveva il biberon, si partita tutti insieme, più o meno, e lo status di mito lo fissava l’impresa, l’esperienza, la realtà , contagiosa nei confronti di una tv così bambina. Oggi, tanto per restare nel nostro orticello, basta un gol perché siano già tutti miti, la tv ha piallato le emozioni, è difficile scegliere, e ancora di più confermarsi al top.
Beck non sono un po’ troppo pochi due giocatori per manipolare le partite?
Ric, oggi temo di più il milan. per valori tecnici e per “sviste” arbitrali……. l’inter ha avuto, adesso, nel patto, credo tocchi a loro…
quanto a Robinho… uno è punta se fa goal… lui non li fa quindi punta non è…..
inviata la busta senza francobollo. Allegata la provvista in denaro per la tassa postale che dovrà pagare il destinatario.
(Il berlusconismo gallianismo del Milan oramai è sgamato. E’ semplice da codificare, oramai. Il morattismo interista è mellifluo, sdrucciolo. Più insidioso, scorrettamente insidioso)
Vero Roberto. Il fatto è che 20 anni fa e indietro fuoriclasse lo sarebbe diventato. Oggi sono già idolatrati e stipendiati da fuoriclasse prima di diventarlo… e allora perchè soffrire ed impegnarsi?
Tempo fa su JC ho sentito un’intervista a Zoff… “ho sempre lavorato per migliorarmi… non per respingere la palla, ma per respingerla lontana….”
Non sono sicuro che un Balotelli, un Pato e via discorrendo abbiano la stessa attitudine…. nè la necessità di averla…
Lex Pato, 22 anni, è un progetto di fuoriclasse, non ancora un fuoriclasse. Dipende esclusivamente da lui, diventarlo o meno.
attenzione siamo in zona 4-4-4 …… hai visto mai che ci chiama qualcuno al telefono?
Leo ma il torturarsi sarebbe andare a piedi o leccare i francobolli?