Bella di notte

Roberto Beccantini8 dicembre 2020

Sono notti che restano. All’andata, senza Cristiano, e al di là dei centimetri di Morata, fu un massacro. Questa volta, con Cristiano, è stato un trionfo. Da 0-2 a 3-0: e primo posto nel girone di Champions, addirittura. Non ci credevo, l’avevo scritto. Dal derby di sabato al Camp Nou di stasera siamo passati dalla Juventus peggiore alla Juventus migliore, soprattutto per un tempo. Può darsi che il Barcellona l’abbia presa alla leggera, era senza Piqué e dicono che Leo Messi – il migliore dei suoi, comunque – sia all’ultimo tango. Ne dicono tante.

Fatto sta che, al pronti-via, Madama è andata a scegliersi lei il cavaliere – cioè il gioco, cioè il pressing – soffiandolo agli avversari, fermi agli ozi torinesi e alla polizza dello scarto. Cristiano ha trasformato un rigore muy generoso, McKennie ha raddoppiato in acrobazia, sul «solito» assist del «solito» Cuadrado. Mi son dovuto dare un pizzicotto. Le incursioni dell’americano, le sponde di Morata, la vivacità di Ramsey – persino lui, sano immaginario – e la difesa raccolta attorno a Bonucci e Buffon. Ho detto raccolta, non chiusa a chiave.

Pirlo aveva rinunciato al pacchetto delle ali (Chiesa, Kulusevski, Bernardeschi) e varato un 4-4-2 mobile, reattivo, in cui tutti aiutavano tutti. Piano piano, ma non Pjanic Pjanic, Koeman ha cercato di scuotere le sue mummie. Non ce l’ha fatta. Ha chiuso con i pulcini che invocavano disperatamente mamma Pulce, l’unico a impegnare Buffon, sempre lì, sul pezzo, a 42 anni.

In avvio di ripresa, la Juventus ha ricominciato come aveva cominciato. All’attacco. Altro pizzicotto, please. Ed ecco il secondo penalty, per un braccio di Lenglet colto dal Var e non dall’arbitro, tirchio anche nel giallo (sarebbe stato il secondo). E così, per il Marziano, doppietta e 752.

Zero a tre: il Barcellona, nella sua tana, non perdeva dal 3 maggio 2013 (Bayern).
Leggi tutto l’articolo…

C’è esame ed esame

Roberto Beccantini5 dicembre 2020

C’è esame ed esame. Il derby è un po’ più serio. La Juventus l’ha recuperato in capo a una esibizione che, per un’ora, è stata di squallida bruttezza: non un’idea, non un tiro, se non una «telefonatina» (a proposito) del «fu» Dybala, e Cristiano che, persino lui, vagava rassegnato, imbambolato.

Al Toro non sembrava vero. Subito avanti (con Nkoulu, fra angeli poco custodi, Cierre compreso), subito vicino al raddoppio (con Zaza, grande Szczesny), né seduto né scatenato. Giampaolo, al rientro, ha forse commesso l’errore di aspettare troppo: eppure Belotti scalpitava e Singo più lo vedo più mi piace. Può essere che un avversario così molle, così greve, così poco incisivo l’abbia indotto in tentazione: lasciamoli pure soffocare di palla, impossibile che segnino se continuano a passarsela, a mangiarsela.

Gli è andata male. Pirlo aveva ribaltato il centrocampo e sfigurato la formazione. Morale: un disastro ferroviario. Kulusevski, accerchiato; l’Omarino, passeggiante; Rabiot, grigio. Non uno che cercasse di vincerla; ognuno cedeva la responsabilità all’altro.

Però, alla fine, 2-1 in rimonta. Perché? Perché Pirlo non poteva non prenderci, con i cambi. Perché nell’ultimo quarto d’ora Madama si è ricordata un po’ di storia e si è buttata sotto, petto in fuori, Bentancur rimorchiatore, Chiesa dardeggiante e Dybala al davanzale, ma sì. Perché Cuadrado si è confermato il regista occulto di una squadra senza registi: a parte il gol negatogli, correttamente, da Orsato via Var, ha armato le zucche dell’americano e di Bonucci, il cui fuorigioco ne aveva banalizzato la gran botta da fuori.

Mancava Morata, squalificato, e si è visto. Cristiano si sbracciava e pure questo si è notato. Ma ecco, dal buio di un derby piccolo e storto, un filo di luce. Ripeto: un filo. Le reti di un centrocampista e di un difensore. Uno choc, per il tabellino.

Riportare Chiesa al centro del villaggio

Roberto Beccantini2 dicembre 2020

E se con il Ferencvaros e la Dinamo Kiev la Juventus avesse giocato in campionato? E se a Crotone e Benevento la Juventus avesse giocato in Champions? Sono domande troppo «hard» per non sollecitare la più casta delle risposte: boh. Fatto sta: 1-1 a Crotone e Benevento, 4-1 e 2-1 ai magiari, 2-0 e 3-0, fresco fresco, agli ucraini di Lucescu.

Arbitrava madame Stephanie Frappart, francese, generosa con un abbraccio di Bonucci e, per il resto, abile nello spegnere i falò, rari, che si accendevano un po’ qua e ancora meno là. Scritto che la coppia Morata-Cristiano continua a funzionare (un gol e un gollonzo a testa, e per Cierre, arrampicatosi a quota 750, pure una traversa); precisato che Pirlo aveva restaurato il centrocampo e che, fra i più reattivi, non si può non citare Szczesny, bravo, molto bravo su Tsygankov; ribadito che il gioco scorre ancora a rigagnoli, specialmente quando transita dalle parti di Ramsey, il trequartista di turno al quale nessuno impedisce di scartare mezza difesa o smarcare un sodale sotto porta; tutto ciò premesso, la notizia, per piccola che possa sembrare ai collezionisti di titoloni, riguarda un colpo di mercato. Rimettere (la) Chiesa al centro del villaggio fu arduo per i violini di Garcia, ci prova Pirlo. Un gol di testa, qualche dribbling (ebbene sì) e un contributo non banale: al raddoppio del marziano, perfezionato dalla ditta Morata-Buschan, ognuno a modo suo, alla sesta firma della quarta scelta.

Con Bonucci, tornava Demiral: ah, quei campanili. Efficace, a sinistra, Alex Sandro. E a centrocampo, reparto parco di scintille, il lavoro sporco di Bentancur. Pensare di andare a Barcellona e vincere per tre a uno o con tre gol di scarto mi ricorda, francamente, l’utopia di Galeano: quella cosa che se fai due passi per avvicinarla, lei ne fa altri due». Meglio, allora, concentrarsi sul derby.


Leggi tutto l’articolo…