La ditta e la rossa

Roberto Beccantini30 giugno 2024

Sarebbe stato storico, l’1-0 della Slovacchia di Francesco Calzona, artigiano calabrese e terzo staffettista dell’ultimo Napoli. Il gol di Schranz, le barricate di Lobotka, Duda e Kucka. Gli inglesi di una monotonia asfissiante, un palo di Rice e cieli di fumo. Al minuto 95, viceversa, tutti e tutto – la modestia di Southgate, quell’incedere bolso, il catenaccione dei rivali – si sono inchinati «al» gesto. Che non è schema: è anatomia di un istante, ribellione allo status quo. La rovesciata di Bellingham, fin lì moschettiere confuso. Sull’onda, in avvio dei supplementari, ecco l’incornata di Kane, fin lì più pecora che pastore. E così 2-1, per l’England.

I cambi, da Palmer in giù, hanno portato energie ai leoncini. Non altrettanto, quelli di Calzona, beffato agli sgoccioli degli sgoccioli quando la cronaca stava per inginocchiarsi alla sentenza. Non ha vinto chi ha giocato meglio, a Gelsenkirchen: se mai, chi ha attaccato di più. Ha vinto la classe. Merce rara, ma sempre degna di menzione. Bellingham alla Serbia, Kane alla Danimarca; Bellingham e Kane agli slovacchi: è la ditta che tiene su la baracca.

**A Colonia, Spagna-Georgia 4-1 (Le Normand autorete, Rodri, Fabian Ruiz, Nico Williams, Olmo). Alzi la mano chi non ha tifato per le barbe di Tbilisi. Al harakiri di Le Normand, disturbato da quel guerriero di Kvara, tutti dietro con Mamardashvili, Mikautadze e gli opliti di Sagnol. Alla fine, tutti in piedi per le Furie, perché tali sono state. Hanno subito lo 0-1 con il fastidio di un automobilista al quale, a un semaforo, fanno le corna. Dopodiché: Rodri dal limite, Fabian Ruiz di testa su crossettino di Yamal, Nico di contropiede (sì, ogni tanto la trama fa le capriole) e Dani Olmo di bisturi. Quattro partite, quattro vittorie. E ora, nei quarti, i crucchi. Kroos o Rodri: vamos.

La grande bruttezza

Roberto Beccantini29 giugno 2024

Il problema è che Allegri ha un alibi. In caso contrario… Scherzi a parte. Il problema non è Svizzera due Italia zero. Certo, è anche questo: perché erano gli ottavi e noi si torna, giustissimamente, a casa. Il problema, ecco, è il modo che ancor ci offende. Dominati per un tempo, tra il «solito» Donnarumma (su Embolo), il gol di Freuler e un legno randagio; subito trafitti dal «giro» delpieresco di Vargas e poi controllati come fanno le nonne con i nipotini ai giardini nell’altro.

E non che Yakin fosse il Pep e Luscianone il primo che passa. Ci è mancato tutto: coraggio, gambe. Xhaka (voto 9) sembrava un concentrato di don Alfredo (Di Stefano) e De Bruyne. L’Abate di Certaldo aveva sventrato la formazione, inserito Fagiolino, addirittura, e non che abbia fatto peggio di Jorginho, onestamente. Barella, colpito subito, si accontentava di una normalità che difficilmente gli si riconosce. Loro, cazzuti e illuministi; noi, molli e oscurantisti.

Credevo che fosse impossibile giocare peggio che con Spagna e Croazia: mi sbagliavo. Quando dai troppa importanza al tecnico, e poco ai giocatori, può succedere che i giocatori ci marcino, tanto sanno già quale testa rotolerà. Ci si aggrappa alla difesa a tre sbandierata se non in casi d’emergenza; ci si attacca al tram delle differenze tra Nazionale e club (per esempio, Scamacca), ma questa è un’aggravante, a carico del singolo, non un’attenuante (pro Gasp, mica ne ha bisogno).

Un autopalo di Shaar e uno di Scamacca, tutto qui la Nazionale di una Berlino che baciò l’azzurro di Buffon e Cannavaro, di Totti e Del Piero. Eccetera eccetera sino alle magie di Grosso.

Il mio pronostico era: 51%-49% per l’Italia. A patto di essere audaci. Invece no. Pavidi e sgonfi. Più suonati di Biden. Sommer, non una parata. Eravamo i campioni d’Europa. Nessuna obiezione, vostro onore.

Kvara Georgia ti scrivo…

Roberto Beccantini26 giugno 2024

Scritto che senza il gol di Zaccagni saremmo a casa, cin cin alla Georgia, 3 milioni e 700 mila abitanti, cartolina dall’ex Unione Sovietica, per la prima volta agli ottavi d’Europa.

** A Gelsenkirchen, Georgia-Portogallo 2-0 (Kvaratskhelia, Mikautadze su rigore). Cristiano, isterico, aveva la pancia piena; Kvara, no. Martinez, lider maximo del girone, aveva risparmiato la tipo (non il marziano, però); Sagnol, naturalmente no. Al destino serviva un sicario, per trasformare la cronaca in storia. Ha scelto Antonio Silva: sgorbio in uscita al pronti-via, contropiede, sinistro di Kvara; rigore in avvio di ripresa, Mikautadze chirurgico (e, con 3 reti, capocannoniere del torneo). Dopodiché: Cristiano sostituito con strascico di moccoli; riserve palleggianti e crossanti (male, malissimo); avversari sul pezzo (con il lessico di oggi: densità e ripartenze; con lo slang di ieri: catenaccio e contropiede). Mikautadze e Kvara in copertina. E il portiere, Mamardashvili: dopo Donnarumma, lui. Tirando le somme: è la riffa della terza e ultima partita. Chi ha stimoli e chi no, chi gioca «con» e chi «senza».

** Ad Amburgo, Repubblica Ceca-Turchia 1-2 (Çalhanoglu, Soucek, Tosun). Il rosso a Barak, per cumulo, spariglia il mazzo. Ma che fatica, i montelliani. Con Arda Guler e Yildiz dall’inzio. Luci e ombre, ombre e luci. Raffinato, l’esterno destro di Çalha; da moviola il mischione che propizia il pari di Soucek; agli sgoccioli, con i cechi stremati, la sentenza di Tosun.

** A Stoccarda, Ucraina-Belgio 0-0. Un dormitorio. Belgi in versione England, ucraina con Shevchenko in tribuna e Rebrov in panca: fuori con quattro punti, così è se vi pare. De Bruyne ha distribuito perle: invano. Un paio di brividi e nulla più: Lukaku all’inizio, murato da Trubin; un angolo di Malinovskyi,
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