Sbraccio di ferro

Roberto Beccantini27 April 2025

Mi metto nei panni di «Caronte» Tudor. Gli han detto: prendi ‘ste anime smorte e portale da una riva all’altra dell’Ade; e se mai fosse Champions, meglio. Ma come potrà mai essere Champions, o un’Europa qualsiasi, se persino Yildiz dà di fuori e, agli sgoccioli del primo tempo, si fa cacciare – via Var – per una sbracciata rancorosa a Bianco?

Stava vincendo per 2-0, Madama, grazie a un sinistro filante di Nico e a un piatto destro di Kolo Muani. E comunque, subito dopo l’1-0, Kelly aveva accompagnato Dany Mota in area, mano nella mano, rischiando il penalty. Per dire: c’erano una volta i picnic allo Stadium.

La fortuna del povero Igor è stata l’avversario. Il Monza. Rimaneggiato, solitario y final. Gli opliti di Nesta hanno cinto d’assedio Veiga e c. Un assedio, a essere sinceri, molto «educato», con la cipria di tanti cross e il gel di troppi passaggetti. Ironia della sorte, è stato Nico, pizzicato da Turati, a sfiorare il gol più di quanto non fosse riuscito ai brianzoli. Pur in dieci si poteva difendere, come dicono a Coverciano, «un po’ più alti», alzando leggermente il baricentro? Non lo escludo, ma non è successo. Tutti indietro a fare massa. Seguivo Cambiaso: possibile che l’idea del City lo abbia trasformato e sfigurato in termini così plateali?

I migliori: Locatelli, Nico e, a sprazzi, Kolo Muani. Il turco mancherà a Bologna e a Roma, con la Lazio. Il 4 maggio compie 20 anni, ha chiesto scusa al popolo, era e rimane l’unico concessionario di fantasia alla Continassa. Già erano «dazi» amari prima, figuriamoci adesso.

Clamoroso

Roberto Beccantini27 April 2025

I nervi dell’Inter. La mossa di Claudio. Il doppio centravanti: Shomurodov-Dovbyk. Sono i confini della terza sconfitta «back-to-back» dei campioni, dopo Bologna (0-1) e Milan di coppa (0-3). Tra infortuni e squalifiche, le «due squadre» di Inzaghino arrancano nude alla meta. C’è ancora tempo, ma sempre meno. L’idea di Ranieri sorprende i piani iniziali degli avversari. Gli inserimenti di Koné e Pellegrini, le sponde di Soulé e quel gol lì, al 22’, sintesi di un’azione studiata a Trigoria e baciata da una generosa carambola. Di destro, l’argentino. Ex Juventus. Erede designato di Dybala.

Tre k.o. e zero gol fatti, allarme nell’allarme in vista di Barcellona. La Roma avrebbe potuto raddoppiare con Cristante e l’uzbeko quasi subito, con Pisilli, Dovbyk e Angeliño nella ripresa. A conferma che i catenacci, se non butti via le chiavi, possono aiutarti a marchiare la cronaca, se non proprio la storia. Al fianco di Lautaro si agitava Arnautovic. Sono rientrati, alla distanza, Dumfries e Zielinski. Ha premuto a lungo, l’Inter, senza però l’allegria e la chirurgia di un mese fa. Parate memorabili di Svilar? Non ne ricordo. Vado a memoria: una palla-gol del «Toro», un’altra di Barella, una nuvola di bolge, un kamasutra molto hot di Ndicka su Bisseck: il resto, storie tese e parabole disattese.

Persa la Coppa Italia, in bilico scudetto e Champions (appesa al recupero di Thuram): quando competi per tutto, il rischio che la primavera ti prenda alla gola e gli episodi ti strozzino, esiste. I punti in meno sono 18. C’è chi lo spiega con i serbatoi mezzo vuoti, e chi con i cali di cabeza (tipo Parma, da 2-0 a 2-2). Non mancano coloro che già sono scesi dal carro di Simone. Un classico dei nostri loggioni, abituati ai balli in maschera. Il calcio è materia liquida: come diceva Rocco, «dal lunedì al venerdì, i xe olandesi». Poi, d’improvviso, salta fuori la «balla» che pure il risultato, bé, insomma.

Come non detto

Roberto Beccantini23 April 2025

Il Parma di Chivu aveva battuto per 2-0 il Bologna di Italiano e rimontato due gol all’Inter. Dunque, l’1-0 alla Juventus non può e non deve sorprendere. Nonostante le perdite, già al 10’, di Vogliacco e Bernabé. Non un segno di cedimento. Non un cenno di patteggiamento. Alla prima sconfitta del suo «traghetto», Tudor-Tutor farà bene a meditarci su. Senza le bollicine di Yildiz, uno stagno. E, in difesa, si continuano a beccare gol di testa (già dieci): era il 45’, quando Valeri ha pennellato da sinistra e Pellegrino, centravanti argentino di garra e spada, anticipato Kelly e incornato in bellezza. Sotto gli occhi di Crespo, che illustrò il Tardini non meno del Thuram in tribuna.

Così, la zona Champions diventa sempre più una lotteria. Il Parma di Bonny e Leoni (nomen omen) ha fatto la sua partita, di agguati e di morsi. Madama non si è alzata dai blocchi come a Roma e con il Lecce. Temeva, probabilmente, le transizioni degli avversari. Morale della favola: io la passo a te, tu la passi a me, Kalulu che scende sulla destra, Nico che si accentra, zero scintille, zero tiri, zero parate di Suzuki.

Male la coppia Kolo Muani-Vlahovic. Il francese, a venire incontro; il serbo, a perdere ogni scontro. McKennie e Cambiaso giravano al largo, se non in folle, e la rifinitura, in generale, risultava monca. Anche perché i dirimpettai blindavano i valichi e resistevano ad attacchi oggettivamente barbosi e fumosi.

Tardivi, i cambi del croato. Sul piano tecnico, una partita modesta. Ma a questo punto della stagione i giudizi estetici sono piume al vento. Conta ben altro. Il Parma ha fatto il dover suo. Chivu l’ha rialzata e aggiustata. Pellegrini è il maglio che mancava. La Juventus, in compenso, è ricaduta nel vagabondaggio tattico che aveva ingessato Thiago. All’impatto di Igor, molti avevano colto clamorosi cambiamenti. Beati quei molti.