Pressing alto? No: alta pressione

Roberto Beccantini11 May 2025

Alta pressione. Come spiegare, altrimenti, Napoli-Genoa 2-2? Mancano due turni e resta un punto, uno solo. Strano, molto strano, quello che succede al Maradona. McTominay pennella per Lukaku, ma poi traversa di Pinamonti e auto-frittata di Meret su zuccata di Ahanor. Conte (ri)perde subito Lobotka; il Grifo, decimato, graffia. Alla distanza Scott machine arma pure il sinistro di Raspadori (di cui raccomando lo stop a seguire, di destro). Sembra fatta, Siegrist para tutto finché «Andonio» non toglie il fioretto di Raspa per la ciccia e le ante di Billing. Proprio costui perderà Vasquez in area, su un cross, per il bis di testa, e nel finale, sempre di cabeza, sfiorerà l’apoteosi. Senza dimenticare l’ingresso di Venturino (classe 2006), pupillo di Vieira: polvere da sparo, non banalmente polvere.

La mira in alcuni casi, la brillantezza in altri, i disagi di Olivera centrale: i dettagli pesano. Sorprende, se mai, la doppia rimonta subita. Sindrome da braccino corto? Veniva da quattro successi, Conte: ha esaurito i bonus. Avanti con Parma-Napoli e Inter-Lazio: l’abito farà il Monaco, non adesso.

** Torino-Inter 0-2. Sotto un diluvio da arca di Noè, le scorte di Inzaghino bastano e avanzano. Un bel destro a giro di Zalewski (19° uomo a segno) nel primo tempo; un rigore di Asllani, procurato da Taremi, nel secondo. Per provarci, i granata ci hanno provato, ma i confini erano netti, come certificano le occasioni e le parate di Milinkovic-Savic, anche se la più bella, di puro istinto, l’ha effettuata Martinez su capocciata in tuffo di Adams. Annullato agli sgoccioli, per spintarella ad Asllani, un bel gol, in acrobazia, di Masina. Era il 92’. Però.

** Il Clasico. Riepilogando: 4-0 al Bernabeu, 5-2 in Supercoppa a Gedda, 3-2 dts (da 1-2) a Siviglia per la Coppa del Re, 4-3 al Montjuïc (da 0-2). Barcellona-Real rimane un vulcano.
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Rosso fuoco

Roberto Beccantini10 May 2025

Un altro spareggio era, e un altro pareggio è stato: 1-1 come a Bologna, e ancora una volta Juventus in vantaggio. Ci aveva provato all’inizio, la Lazio, con Isaksen, ma poi la sfida si era data a un equilibrio subdolo e morboso che la squadra dell’ex Tudor avrebbe cavalcato e sbloccato in avvio di ripresa, con un bel gol di Kolo Muani, su azione Locatelli-McKennie.

Era il 51’ e poco dopo, al 60’, con Thuram e c. in pieno controllo, Kalulu rifilava una sbracciata illegale (ma non mortale) a Castellanos. Svenimento, Var, rosso. Se in dieci Madama non era riuscita a superare la metà campo, allo Stadium, con il Monza, figuriamoci all’Olimpico con l’Aquila. Conceiçao, un disastrino, aveva avvicendato Nico, un disastrone. E Adzic, un Kolo allo stremo. Improvvisamente, quando ormai l’area sembrava Fort Alamo, fuori proprio loro, Cisco e Adzic, dentro Gatti e Vlahovic. Mi arrendo.

Dalla panchina, in compenso, Baroni spendeva – tra gli altri – Pedro, Vecino e Dia. Che costringeva Di Gregorio a un mezzo miracolo (complice il palo), in scia a un rigore (portiere-Taty) assegnato da Massa e «ritirato» per fuorigioco.

Al lazzaretto aziendale s’iscriveva anche Alberto Costa, con Veiga tra i più reattivi. Toccava a Douglas Luiz. Non vince in casa dal 9 febbraio, la Lazio. E non ha vinto neppure oggi. Ma al 96’ o su di lì ha evitato lo smacco: cross, cabeza di Castellanos, altro interventone di Of Gregory, tap-in di Vecino.

Morale. L’ennesima rimonta, il sedicesimo pari e un altro espulso, da Yildiz a Kalulu. Storie tese. La zona Champions rimane una lotteria, come le staffette kafkiane di Igor. La Lazio non è più il Settimo Cavalleggeri d’autunno, ma si è aggrappata alla superiorità numerica, come fece la Juventus all’andata (out Romagnoli), sino all’autogol di Gila. Il resto, pigolii e cigolii.

Paris soit qui mal y pense

Roberto Beccantini7 May 2025

Il dado è tratto: sarà, dunque, Paris Saint Qatar-Inter la gran finale di Champions a Monaco, sabato 31 maggio. Già vincitori a Londra per 1-0, i bleu si sono ripetuti al Parco per 2-1. Fabian Ruiz di sinistro, Hakimi di destro, Bukayo Saka di rimpallo. In mezzo, un palo di Kvaratskhelia e un rigore per mani-comio «retroattivo» che Raya ha parato a Vitinha. Perché sì, dei portieri si parla sempre poco, ma contano. Dal Sommer-time di martedì a Donnarumma: scattante su Martinelli, eccezionale su Odegaard, acrobatico su Saka. Ma anche pollo in un’uscita bassa dal cui errore lo stesso Saka avrebbe potuto ricavare il due pari.

Non è stato il vulcano di San Siro. E’ stata un’ordalia di movimento, gli opliti di Arteta padroni per un quarto d’ora e gli avversari, con Dembélé ai domiciliari, ligi alle transizioni. Poi molto ping pong e un possesso abbastanza soffuso (45% a 55%). Senza attaccanti, l’Arsenal. Senza centravanti, il Paris. Luis Enrique li pesca di volta in volta dalle ali e dagli interni. Applica un calcio che assomiglia a una tappa ondulata, nessuna cima Coppi ma qua e là salite di pressing che possono spezzare il ritmo. Il suo Dumfries è l’ex Hakimi. Non ha né Thuram né Lautaro. Ha un centrocampo agile, di tocco, e una difesa che ruota attorno a Marquinhos. Il 4-3-3 di ordinanza, ad assetto variabile, poggia sugli incroci di Kvara, Doué (o Barcola) e «Dembappé» per togliere riferimenti ai rivali.

L’unico vero nove, Gonçalo Ramos, parte di solito dalla panca. E’ una squadra più di lotta che di governo, meno sbilanciata del Barça, ancorché decisamente meno accessoriata. All’attivo, nella storia del club, la finale pandemica del 2020 a Lisbona, contro il Bayern di Flick (toh): 0-1, testolina di Coman. C’erano Mbappé, Neymar e Di Maria. E per Monaco? Non può non essere leggermente favorita chi ha eliminato Kane e Yamal.