Nel ricordo di Giovanni Galeone, che allenava ridendo mores (et biondes), zona e tridente, l’aria di chi non si dà arie, si scornavano i due «figliocci»: Max il feticista e Gasp il tremendista. Ha vinto Max, 1-0. Non ci si è annoiati in terra e, immagino, neppure tra le «sue» nuvole.
Che partita. Tosta, veloce. Per una trentina di minuti, Lupa avanti tutta e Diavolo rannicchiato sotto i reticolati, centomila gavette di catenaccio. Cristante, Dybala, Ndicka, El Aynaoui, ancora Dybala: è la mira che difetta, non il resto. «Suddenly», come avrebbe scritto l’inviato del Guardian, all’improvviso, gli assediati forano il polverone che li avvolge. E’ il 39’. Contropiede old fashion: da Bartesaghi a Leao, fuga e toccata, gol di Pavlovic (lo stopper, ops). In piedi.
La trama cambia da così a così. Fofana si mangia il raddoppio e, in avvio di ripresa, Milan in versione poligono: Ricci, Svilar su Fofana e Leao, palo di pancia (Nkunku), «paratona» di Hermoso su Leao. Rispetto all’avvio, il mondo rovesciato.
Tarda, Gasp, a inserire la ciccia di Dovbyk: avrebbe fatto comodo, in quelle bolge. Attorno a Modric, Max alza e arma la resistenza estrema. Fioccano gli angoli, non i brividi. Sino al 81’ quando, in barriera, Fofana mura di braccio e Guida decreta il rigore. Maignan contro Dybala: «vince» il francese, buttandosi alla sua sinistra. E la Joya si stira pure.
Due stili a confronto, a San Siro. Proprio questo ha contribuito a rendere ardente la contesa. Il palleggio romanista, il mordi e fuggi dei milanisti. E sul piano della contabilità , penalty, a parte: più Milan. Vero, 61% di possesso per la Maggica, ma 16 tiri a testa e, in porta, 7-6 pro Diavolo. Dare spazio a Leao non è mai una buona idea. Specialmente per chi, come l’Ego di Trigoria, di idee ne ha tante.
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