Come in ogni delitto che si rispetti, da Garlasco in giù, se sulla scena del crimine salta fuori un indizio, i Ris si scatenano. La traccia era, è, il Dna di Tudor al posto di quello di Thiago. Risultato, per ora: Juventus-Genoa 1-0. Vittoria, dunque, dopo le legnate di Dea e Viola. Vi dico subito che le indagini saranno lunghe e l’esito – il quarto posto – molto, molto complicato.
Vecchio corto muso, dunque: e così sia. Ha deciso un golazo di Yildiz, dribbling e spennellata di destro. Ma il contesto? In sintesi: difesa a tre (Gatti poi Kalulu, Veiga, Kelly); meno costruzione dal basso, più ricerca della profondità ; Nico a destra, a tutta fascia (non brillante, non smorto); il turco più libero di ruotare (ma guarda); Vlahovic titolare (alla ricerca proustiana dello stop perduto); Koopmeiners sotto punta, segnali di fumo; in generale, un po’ più di cuore, sullo sfondo di un pressing ora rabbioso ora sbadigliante. In attesa di un nuovo ordine, se mai ci sarà , un disordine che ha coinvolto la squadra, sul filo di un equilibrio precario e di uno scarto che, in passato, non aveva scongiurato fantozziane rimonte. E proprio al 93’, su contropiede di Thuram, per poco non ci scappava il raddoppio, sfilato da Leali a Weah.
Il Genoa di Vieira naviga in acque placide. Ha una struttura, un gioco. Sfoggiava maglie tipo Boca, in onore dei migranti xeneizes che lo fondarono. Marcava a uomo, con Frendrup, Masini e Sabelli a calibrare gli agguati. Occasioni, una: di Pinamonti, a fil di palo. E l’ex Miretti, più cornice che quadro. Ma sempre dentro l’ordalia, il vecchio giovane Grifo.
Nessuna notizia di Kolo Muani, tornando alla Goeba. Un’orma alla volta. Ed eccone un’altra: il Bologna dell’Orso ha vinto a Venezia, quinto hurrà consecutivo.