Otto di fila, trentacinque in tutto. E’ la Juventus fabbrica che in Italia produce più e meglio di tutti, sia che gli avversari siano forti – come servirebbe anche a lei – sia che siano deboli – come ha ribadito questo campionato. La ferita dell’Ajax ha trasformato lo scudetto in un cer-otto, il popolo ha la pancia piena, ha scoperto il bel gioco, soffre la dicotomia fra la dittatura domestica e il servaggio europeo, visto che l’ultima Champions risale al 1996. Non ha tutti i torti.
Il 2-1 in rimonta alla Fiorentina ha suggellato un dominio che, fino a Natale, era stato persino piacevole, poi più. I primi tre di Conte, gli altri cinque di Allegri, attorno al quale il mondo Juve si è diviso, chi lo adora e chi lo detesta. C’est il web.
E’ stato il titolo di Cristiano e di Kean, i due estremi; lo è stato poco, pochissimo, del Dybala sommerso; è stato l’ultimo di Barzagli, perno di quella Bbc che molto ha scritto: a me sembra anche un po’ di storia, ma se per voi solo cronaca, pazienza. E’ stato, gira e rigira, il più facile, il più comodo, in un certo senso il più noioso, dal momento che non c’è mai stato bisogno di pennellate, è bastata una martellata qui e là.
E comunque otto (e pure le ragazze, già che ci siamo, al secondo di fila). Il record, ammesso che possa incuriosire, era del Lione con sette. I distacchi, bulgari, strangolano i dibattiti da bar, le risse da curva. Ci sono stati molti, troppi infortuni e temo che, al netto dell’età «alticcia», i richiami natalizi, questa volta, non abbiano funzionato. Capita. Detto del deserto dei tartari che l’ha circondato, il «fallimento» di Allegri è così riassumibile: 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 2 Supercoppe di Lega, 2 finali di Champions. Per alzata di mano, molti lo casserebbero comunque. Nel segreto della cabina, a tendina tirata, non so.
Dimenticavo: che ruffiani, quegli applausi a Chiesa…
Caro Megafono, che bel pistolotto!.Se può farti piacere io non sono ossessionato dalla Champions. Sono giunto ad una veneranda età e l’ho sempre vissuta con moderata partecipazione anche quando l’abbiamo vinta (praticamente mai secondo il parere di famosi sopracciò). Ero presente a Bilbao quando vincemmo la Coppa Uefa con la Juventus più forte del dopoguerra soprattutto perché fra i giocatori in campo c’erano molti amici tutti italiani. La leggenda dell’ossessione l’ha creata e la sta coltivando l’attuale sistema d’informazione che è schierato con le proprie parrocchiette e riesce a dare visibilità ai più sfaticati perdigiorno. A ben guardare, questo sistema è molto più pericoloso di quello utilizzato in un recente passato e che si è avvalso della parte peggiore dell’autorità giudiziaria per tentare di eliminare dal proscenio calcistico la nostra Juventus con i suoi successi e la fama che si era creata. Quando il sentimento popolare non aveva ancora avvertito l’importanza del calcio, la Juventus era diventata la “Fidanzata d’Italia”. Adesso è stata ridimensionata a “Vecchia Signora” e, come tutti i vecchi, è diventata ingombrante.” L’ossessione per la UCL” è l’attuale arma a disposizione degli antijuventini per combatterci. Mi permetti di dare del “coglione” a chi sta cascando in questo lurido giochetto? Scusami e grazie per avermi dato l’occasione per esprimermi sul punto. P. S. Non entro nel discorso su Allegri perché la penso in modo completamento contrario al suo e come la penso l’ho già spiegato.
Tra l’altro EinTRACHT!!! è il rumore onomatopeico dell’estintore che Cuadrado ficcò su per il culo del maiale sanguinante indaista (pedofilo e 3glodita), 2 anni fà.
E’ ancora lì a fare bella mostra di sè, rinforzao da quello parcheggiato dietro da Spelacchio.
Ma come sarei ridotto io non sta sicuramente ad un pedofilo indaista (e conclamato maiale sanguinante) come te, valutarlo.
Sei nervoso perchè tra un mesetto o poco più chiuderanno le scuole elementari vero?
Quante soddisfazioni mi da ancelotti..nessuno :-))))))))))))))))))))))) leo
Er Gattopardo, je fà nà pippa a Criscitiello
Dunque, CR7 é venuto a Torino per partecipare alla CL.
Giustamente a Madrid gli veniva difficile agguantare un posto nella competizione.
Ok, abbiamo scherzato. Continuiamo così…
Anche gli antichi egiziani una volta l’anno concedevano un giorno di festa agli schiavi.
Sono passati 5000 anni, e il rito si ripete per la miserabile plebaglia del calcio italiano, indaisti, arcoristi, frocioni, napolisti, torinisti, festeggiano sempre un solo giorno l’anno…
E non certo per un loro evento gioioso.
FESTEGGIANO LO SCUDETTO DEL VERGOGNOSO-NON GIOCO E DEI FURTI!
IL MILAN & CHAMPIONS la juve UNA DOPATA E UNA RUBATA CON RIGORE INVENTATO!
Criscitiello: “Festa Juve come quella di un bambino di 5 anni”
22.04.2019 06:30 di Redazione TuttoJuve
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Uno spazio importante riservato all’esito della stagione della Juventus nell’editoriale di Pasquetta firmato da Michele Criscitiello su Tuttomercatoweb. Ecco le sue parole:
“Sabato pomeriggio avrei voluto vedere, al mare, la festa della Juventus e invece mi sono ritrovato senza calcio e sprofondato sul divano a rivedere un film nuovo che davano alla tv: Quo Vado! La scena più bella è quando Checco (a proposito, che fine hai fatto? Quando torni a regalarci una delle tue perle?) chiede una scala e un cacciavite e smonta la scritta “Cucina italiana” al vichingo che aveva fatto uno spaghetto senza far neanche bollire l’acqua. Anche la scena del clacson mi ha fatto piegare. Ma, ripeto, peccato che fosse la trentesima volta che vedevo il film di Checco Zalone. Eppure faceva ridere ancora. Stesso discorso del calcio italiano. Vedi sempre le stesse scene, non cambia mai nulla, nessuno fa qualcosa di nuovo e alla fine del film piangi sempre. Ogni anno la stessa storia: la Juventus deve vincere la Champions League, il Napoli deve provare a vincere lo scudetto e l’Inter fa il mercato migliore di sempre per ridurre il gap dal vertice. Finale: sempre lo stesso. Tra una scena e l’altra cambiano gli spot (elettorali o se volete anche pubblicitari). Il sistema decide di seguire la scia di Fifa e Uefa e allora si punta, a chiacchiere e non a fatti, sul calcio femminile. Io vengo accusato di essere sessista perché dico che il calcio femminile non mi piace, ad esempio mi piace più il volley femminile che il maschile, ma qui non è un problema di genere bensì di sport e di gusto sportivo e dimentichiamo i veri problemi del sistema calcio (maschile). Il femminile viene spinto (e sappiamo tutti perché) ma i primi a non credere nel progetto sono i vertici federali. Se lo considerano anche dilettantismo un motivo ci sarà e non si fa nulla di concreto per far crescere un sistema che non interessa a nessuno se non allo 0,5% delle atlete impegnate in questa disciplina. Rispetto per tutti ma prima di nuovi esperimenti vorremmo che la Figc si occupasse dei problemi seri e concreti del calcio italiano. Non basta uno Stadium aperto gratuitamente, con il sole e con la serie A ferma, per dimostrare che c’è interesse verso questo sport. Così come non ce ne frega nulla delle squadre B. In Spagna funzionano perché hanno un’altra concezione e sono partiti con criteri ben precisi. Qui ha ragione Lotito: meglio le multiproprietà che le squadre B. Quanti tifosi della Juventus, su 14 milioni, nel week end si informano del risultato della squadra di Zironelli? Nessuno. In Italia non abbiamo le strutture per far giocare la Primavera, con calciatori che il sabato prima giocano tra giovani e la domenica dopo fanno l’esordio in prima squadra o segnano all’Olimpico contro la Lazio. Sui giovani bisogna puntare. Senza strutture non esisteranno mai squadre B o C. La Juventus ha giocato un anno intero nel deserto di Alessandria, ditemi voi a cosa o a chi è servito questo campionato? Mokulu al posto di Ronaldo lo vedrei bene ma sinceramente, scherzi a parte, non vedo mezzo calciatore della Juventus B che il prossimo anno possa fare al caso di Allegri. Ora c’è il dibattito se andare avanti oppure no. Fermatevi. In C mandate le piazze che lo meritano, sviluppiamo il territorio, premiate le società sane e non facciamo politica anche su queste cose. Non ci lamentiamo, poi, se a metà aprile la Juventus è uscita con l’Ajax dei baby, che il Napoli non ha visto palla in 180 minuti con la quarta forza della Premier e che l’Inter ha fatto un giro turistico, prima in Champions e poi in Europa League. Oppure il Milan che è uscito dall’Europa senza mai entrarci dalla porta principale. Siamo indecenti nel sistema politico e lo specchio non può essere che quel rettangolo verde. Avevamo copiato agli inglesi il boxing day, la chiusura anticipata del calciomercato, agli spagnoli le squadre B e a non so chi la figata del calcio femminile. Siamo in Italia, facciamoci copiare dagli altri, altrimenti, facciamo come Checco prendiamo una scala e togliamo la scritta “Calcio Italiano” da qualche insegna. Non contiamo più nulla. Mi è piaciuta, invece, l’apertura di Gravina all’Associazione dei Procuratori e mi piace anche che un calciatore non possa avere un procuratore fino ai 16 anni, lo può avere fino ai 18 ma l’agente non può prendere soldi e poi inizia una nuova vita. Mi piace l’idea – anche se so bene che è una presa in giro – perché i procuratori hanno già bloccato il baby prodigio a 12 anni e dai 16 anni ai 18 anni non lavorano gratis, al massimo prenderanno soldi a nero. Quindi mi piace l’idea ma conosciamo già l’inganno. Domanda: tra poco partirà la sessione estiva di calciomercato, saprete dirci quando è fissata la chiusura? Casomai ditecelo prima del 31 luglio. Please.
La festa della Juventus è sacra, giusta, da applausi ma mi è sembrata la festa di un bambino di 5 anni. I genitori preparano tutta la casa, festoni, torta, animatori e palloncini. Sull’invito c’è scritto: inizio festa ore 18. Alle 19 non c’è nessuno, alle 20 si presenta solo un bambino e alle 21 è tutto finito. Che ansia. Chi lo dice al bambino che deve festeggiare il suo compleanno? Tenero, cucciolo. Così è sembrata la festa scudetto della Juventus. Striscioni capovolti, tifosi in sciopero, cori contro i napoletani e una festa forzata. Festeggiamo lo scudetto perché va festeggiato ma quattro giorni prima eravamo ad un funerale. Il calcio è infame. Si giudicano solo i risultati ed è anche giusto che sia così. Il risultato principale, quest’anno come lo scorso, la Juventus l’ha cannato. Non ci sono troppe spiegazioni. Ripartire da Allegri è una forzatura, servirebbe un’ondata di freschezza.
Obiettivo fallito anche per il Napoli che dallo scudetto si allontana e non si avvicina. In Europa esce troppo presto e male, senza aver mai visto la palla in 180 minuti di monologo londinese. Serviva Ancelotti, il re della panchina, per una stagione così? No. Non chiedevamo lo scudetto, certo, e neanche un trofeo. Chiedevamo, come si fa a bocce, che si avvicinasse al pallino e non che buttasse la boccia in fronte al vecchietto che sta vedendo la partita in fondo in fondo. Ancelotti nulla. Ha mirato il pallino e ha colpito De Laurentiis in fronte che, almeno, gode della promozione del suo Bari. Anche qui di vincente, però, c’è poco. Come accadde in C, con il Napoli, De Laurentiis per vincere un campionato deve spendere almeno il doppio dei competitors altrimenti non lo vince. Così in D, in C, in B e in A… Il Bari vince la D ma con i soldi di Brianza, Simeri, Bolzoni, Di Cesare, Iadaresta e tutta la compagnia il campionato lo avrebbe vinto anche l’Igea Virtus.
Complimenti a Semplici e alla Spal. Conquistare, virtualmente, la salvezza con cinque giornate di anticipo equivale a conquistare uno scudetto con altrettante gare di anticipo. Ferrara è un esempio da seguire. Stadio sistemato e bello, società seria, allenatore top, squadra costruita con intelligenza da Vagnati. Che ci fanno questi in A che due anni fa erano in C? La mia domanda. La risposta era semplice: vabbè, fatevi due giri a San Siro e due giri all’Olimpico e tornerete in C, in due tre anni, come altre realtà provinciali. Loro no. Sono stati bravissimi. A Bologna hanno rischiato pesante con Inzaghi ma Sinisa ha messo tutto a posto. Adesso il jolly, contro l’Empoli, per chiudere i giochi salvezza. Saputo è intervenuto tardi ma quando l’ha fatto ha svoltato. Sinisa è perfetto per portare la barca in porto e a Bologna ha fatto un ottimo lavoro. Bologna ha confermato che Pippo Inzaghi era un grande bomber, un grandissimo sciupafemmine (e per questo avrà sempre la nostra stima), ma l’allenatore a grandi livelli è un’altra cosa. La B è già grasso che cola. Aveva ammazzato il Bologna senza farlo mai giocare a calcio con 11 persone colorate di rosso e blu dietro la linea della palla. Sinisa ha ridato fiducia ed organizzazione ad una squadra, non forte, ma neanche da buttare a mare”.
QUANDO LA JUVE PERDE – Minima_Moralia
Quando la Juve perde le partite importanti, quelle poche volte che le perde, è sempre il caso di abbassare gli scuri e chiudere a chiave la porta. Niente Internet, niente tv, niente di niente. Primo, perchè c’è poco da andare a leggere, rivedere, commentare. Sei deluso e per curare la delusione ci vuole tempo e silenzio. Poi ci sono i gufi, ma di quelli in realtà ti curi poco. L’annuale festeggiamento della Juve sconfitta in coppa ha ormai assunto toni talmente ridicoli che interisti, napoletani e quant’altri non si rendono conto, festeggiando nel modo che vediamo una sconfitta altrui, di quanto la loro vita di tifosi sia triste e di corto respiro. Di quanto siano talmente lontani non solo dal vincere, ma dal poter vincere qualcosa, tanto che la loro rassegnata condizione di perdenti ha un sussulto onanistico solo nella celebrazione della sconfitta del peggior nemico. La loro ostentata saprofagia fa abbastanza ridere, e pertanto non ho certo paura che le loro perculate mi turbino in qualche modo.
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No, se chiudo imposte e serrande è ovviamente per non sentire il lamento, l’isteria, la disperazione del “moriremo tutti” cantato ad una voce da una bella fetta di cotifosi juventini. Sapevo che una eventuale eliminazione in Champions nella Juve dell’era Ronaldo avrebbe oltremodo ingigantito i sintomi di questa autentica malattia della mente che si chiama “ossessione Champions“.
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Quello che prima del 2010 era un cruccio notevole e giustificato, ovvero l’aver lasciato per strada tante occasioni di vincerla in stagioni in cui eravamo davvero la più forte squadra del mondo, dopo la notte di Madrid in cui l’Inter ce l’ha alzata in faccia, molti di noi hanno trasformato quel cruccio in patologia. Una patologia che non perdona ad una squadra che di non vincere una competizione dall’elevata alea e dall’imperscrutabile esito, che si decide in una manciata di partite e di settimane, in cui un meccanismo crudele di eliminazione diretta fa strage di squadre fortissime sin dagli ottavi. Una patologia che in una sera dimentica qualsiasi altro risultato raggiunto in questi anni, come se fosse dovuto e non contasse niente, che in una sera dimentica una crescita societaria costante, un progetto sensato, scelte tecniche societarie e di mercato quasi mai sbagliate.
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Ad inizio anno ci siamo messi in testa che eravamo la squadra più forte d’Europa. Un ottobre strepitoso contro squadre di secondo piano aveva rafforzato l’idea che lo fossimo davvero. La febbre Ronaldo aveva contagiato tutto e tutti, e nonostante ci fosse qualcuno che avvertiva di stare coi piedi per terra, eravamo convinti di ripercorrere l’ultimo triennio madridista. Qualsiasi altro risultato da una Champions vinta sarebbe stato un disastro, dicevano napoletani e interisti che, in mancanza di reali obiettivi da centrare, indicavano il nostro come certo, per poi sperare in cristo che facessimo cilecca. E noi ci siamo cascati come salami, abbiamo creduto di essere forti e che bastasse quello per poter vincere la coppa, ignorando la storia di questa competizione, che quando ci vedeva largamente come la migliore squadra del mondo (1995-1999) ci ha visto vincere di straforo solo una Champions ai rigori, e quando ci vedeva manco come la ventesima squadra europea, ci ha visto pareggiare col Barcellona a 15 minuti dal termine e ad una folata di vento dal possibile vantaggio e trionfo.
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No, niente, con Ronaldo la Champions era il minimo, il minimo non è arrivato e allora dagli alle geremiadi, alle rifondazioni, al fallimento. E ovviamente, al centro di queste imprecazioni c’è Allegri, questo allenatore che ci ha raccolto dalle irresponsabili e pericolosissime dimissioni estive di Conte, che ha portato quasi la stessa squadra che era uscita col Galatasaray e col Benfica a giocarsi una finale di Champions col Barcellona, che ha alzato l’asticella dei risultati fino all’incredibile filotto di 4 campionati e 4 coppe consecutive, col 5 in arrivo, che ci ha riportati in Europa da teste di serie e avversari temuti.
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Niente, è tutto dovuto, pure una scimmia in panchina avrebbe vinto con questa rosa in questo campionato, si dice. Raccontiamoglielo al Psg e al Bayern, che in campionati anche più sbilanciati i titoli se li sono lasciati per strada. Non conta comunque, avevamo la squadra più forte e siamo usciti con l’Ajax, si dice. Ma davvero avevamo la squadra più forte? Per me manco per niente. Barcellona, Manchester City, lo stesso Real Madrid, erano di sicuro superiori, se parliamo di rosa. Due di queste, tra l’altro, sono uscite pure loro, e qualcosa vorrà pur dire a proposito di questa competizione che continuate a ritenere il metro per giudicare una stagione di una squadra.
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Abbiamo giocato alla pari per 3 tempi su 4 con una squadra che ne aveva più di noi, fisicamente anzitutto. Non abbiamo quei ritmi, non li abbiamo mai avuti, non è mai stata la nostra arma vincente averli. Tutto ad un tratto invece quei tratti mai distintivi della Juve devono entrare nel nostro DNA, dobbiamo giocare all’attacco, dobbiamo imporre il nostro gioco, tutte queste frasi che non significano poi un bell’accidente, per dimenticare come la squadra che questa coppa l’ha vinta nelle ultime stagioni non era una squadra che teneva ritmi forsennati, o imponeva per filosofia il proprio gioco, ma era una squadra intelligente, piena di campioni, capace di estremizzare a livelli di perfezione una caratteristica che in questa coppa fa davvero la differenza: la RESILIENZA. Il saper affrontare, nel corso del doppio scontro diretto, momenti di difficoltà tattica, fisica, assorbirla e riuscire a reagire con i colpi dei propri campioni, dando fondo alle proprie riserve mentali. Questa resilienza, che abbiamo celebrato nel Real e anche nella Juve, pare essere un insulto, una furbata, uno stratagemma da poveracci. E invece, è proprio quello che non ha funzionato nella partita con l’Ajax. Per una delle rare volte ho visto la Juve non gestire il momento di difficoltà, non nasconderlo, ma schiantarsi, fisicamente anzitutto, di fronte ad una squadra che ha alzato il ritmo a livelli che la Juve semplicemente non poteva sostenere.
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E siamo stati sconfitti. A casa mia le sconfitte contro chi ha dimostrato di essere più forte si accettano. A casa mia le sconfitte che fanno girare le palle sono quelle in cui siamo più forti ma perdiamo perchè sprechiamo le occasioni o giochiamo a livelli talmente bassi per le nostre potenzialità che è un insulto guardarci perdere. Beh, per me questa non è ne l’una nè l’altra. La finale del 1998 lo era, la finale del 2003 lo era. Non certo questa. E Lippi non ce lo siamo certo mangiato. Se voi siete convinti che Cancelo sia il miglior terzino destro del mondo, che i nostri centrali difensivi senza Chiellini siano di livello mondiale, che il nostro centrocampo sia paragonabile a quello di Barcellona, Liverpool, City e Real, che Bernardeschi sarebbe titolare anche in una di queste squadre, beh, è un’opinione vostra. Per me, semplicemente, il livello europeo è altissimo e la Juve non ha ancora raggiunto il livello delle prime 4 in Europa, pur con Ronaldo. Quindi, non è che eravamo proprio destinati a vincerla. Dovevamo provarci, ma abbiamo trovato un avversario che si trovava nella miglior forma possibile, che ha giocato meglio ed ha vinto.
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E invece no. Dobbiamo dare addosso al miglior allenatore che la Juve abbia avuto dai tempi di Lippi, tra l’altro uno dei più juventini come spirito e filosofia se ancora vi ricordate cosa sia, e trovare in lui il colpevole. Vogliamo di nuovo lo champagne, è tornata la moda del calcio spettacolo, e dopo Maifredi siamo pronti a berne ancora, si spera meno indigesto, ma che sia scintillante, tracotante, pieno di ritmo e trame deliziose, quando non ce n’è mai fregato niente di tutto questo.
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Togliamocela dalla testa questa ossessione per la Champions. Davvero, visti da fuori, non siamo un bello spettacolo. E’ per questa ossessione che non sappiamo perdere, ed è per questa ossessione che nonostante 8 scudetti consecutivi abbiamo pure smesso di assaporare le vittorie. E’ per questa ossessione che non solo non c’è più alcuna riconoscenza, ma nemmeno la minima oggettività. Massacrare un allenatore come Allegri, con quello che ha raggiunto, per me semplicemente non è un argomento di discussione. E’ follia, è patologia, è distacco dalla realtà. Questa coppa così affascinante che vogliamo tanto vincere, ci ha tolto molto in termini di ragione, di analisi. Ha ridotto la qualità del nostro tifo, l’ha pericolosamente avvicinata a quello di altre squadre il cui tifo abbiamo sempre detestato, ci ha reso frustrati pure in questi anni di irripetibili sequenze di successi.
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Curiamoci, per la miseria, un modo dovrà pur esserci. Un giorno la vinceremo di nuovo, ma ho paura che a festeggiarla saranno tifosi ormai totalmente irriconoscibili.
Se……. la festeggeranno!
QUANDO LA JUVE PERDE – Minima_Moralia
Quando la Juve perde le partite importanti, quelle poche volte che le perde, è sempre il caso di abbassare gli scuri e chiudere a chiave la porta. Niente Internet, niente tv, niente di niente. Primo, perchè c’è poco da andare a leggere, rivedere, commentare. Sei deluso e per curare la delusione ci vuole tempo e silenzio. Poi ci sono i gufi, ma di quelli in realtà ti curi poco. L’annuale festeggiamento della Juve sconfitta in coppa ha ormai assunto toni talmente ridicoli che interisti, napoletani e quant’altri non si rendono conto, festeggiando nel modo che vediamo una sconfitta altrui, di quanto la loro vita di tifosi sia triste e di corto respiro. Di quanto siano talmente lontani non solo dal vincere, ma dal poter vincere qualcosa, tanto che la loro rassegnata condizione di perdenti ha un sussulto onanistico solo nella celebrazione della sconfitta del peggior nemico. La loro ostentata saprofagia fa abbastanza ridere, e pertanto non ho certo paura che le loro perculate mi turbino in qualche modo.
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No, se chiudo imposte e serrande è ovviamente per non sentire il lamento, l’isteria, la disperazione del “moriremo tutti” cantato ad una voce da una bella fetta di cotifosi juventini. Sapevo che una eventuale eliminazione in Champions nella Juve dell’era Ronaldo avrebbe oltremodo ingigantito i sintomi di questa autentica malattia della mente che si chiama “ossessione Champions“.
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Quello che prima del 2010 era un cruccio notevole e giustificato, ovvero l’aver lasciato per strada tante occasioni di vincerla in stagioni in cui eravamo davvero la più forte squadra del mondo, dopo la notte di Madrid in cui l’Inter ce l’ha alzata in faccia, molti di noi hanno trasformato quel cruccio in patologia. Una patologia che non perdona ad una squadra che di non vincere una competizione dall’elevata alea e dall’imperscrutabile esito, che si decide in una manciata di partite e di settimane, in cui un meccanismo crudele di eliminazione diretta fa strage di squadre fortissime sin dagli ottavi. Una patologia che in una sera dimentica qualsiasi altro risultato raggiunto in questi anni, come se fosse dovuto e non contasse niente, che in una sera dimentica una crescita societaria costante, un progetto sensato, scelte tecniche societarie e di mercato quasi mai sbagliate.
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Ad inizio anno ci siamo messi in testa che eravamo la squadra più forte d’Europa. Un ottobre strepitoso contro squadre di secondo piano aveva rafforzato l’idea che lo fossimo davvero. La febbre Ronaldo aveva contagiato tutto e tutti, e nonostante ci fosse qualcuno che avvertiva di stare coi piedi per terra, eravamo convinti di ripercorrere l’ultimo triennio madridista. Qualsiasi altro risultato da una Champions vinta sarebbe stato un disastro, dicevano napoletani e interisti che, in mancanza di reali obiettivi da centrare, indicavano il nostro come certo, per poi sperare in cristo che facessimo cilecca. E noi ci siamo cascati come salami, abbiamo creduto di essere forti e che bastasse quello per poter vincere la coppa, ignorando la storia di questa competizione, che quando ci vedeva largamente come la migliore squadra del mondo (1995-1999) ci ha visto vincere di straforo solo una Champions ai rigori, e quando ci vedeva manco come la ventesima squadra europea, ci ha visto pareggiare col Barcellona a 15 minuti dal termine e ad una folata di vento dal possibile vantaggio e trionfo.
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No, niente, con Ronaldo la Champions era il minimo, il minimo non è arrivato e allora dagli alle geremiadi, alle rifondazioni, al fallimento. E ovviamente, al centro di queste imprecazioni c’è Allegri, questo allenatore che ci ha raccolto dalle irresponsabili e pericolosissime dimissioni estive di Conte, che ha portato quasi la stessa squadra che era uscita col Galatasaray e col Benfica a giocarsi una finale di Champions col Barcellona, che ha alzato l’asticella dei risultati fino all’incredibile filotto di 4 campionati e 4 coppe consecutive, col 5 in arrivo, che ci ha riportati in Europa da teste di serie e avversari temuti.
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Niente, è tutto dovuto, pure una scimmia in panchina avrebbe vinto con questa rosa in questo campionato, si dice. Raccontiamoglielo al Psg e al Bayern, che in campionati anche più sbilanciati i titoli se li sono lasciati per strada. Non conta comunque, avevamo la squadra più forte e siamo usciti con l’Ajax, si dice. Ma davvero avevamo la squadra più forte? Per me manco per niente. Barcellona, Manchester City, lo stesso Real Madrid, erano di sicuro superiori, se parliamo di rosa. Due di queste, tra l’altro, sono uscite pure loro, e qualcosa vorrà pur dire a proposito di questa competizione che continuate a ritenere il metro per giudicare una stagione di una squadra.
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Abbiamo giocato alla pari per 3 tempi su 4 con una squadra che ne aveva più di noi, fisicamente anzitutto. Non abbiamo quei ritmi, non li abbiamo mai avuti, non è mai stata la nostra arma vincente averli. Tutto ad un tratto invece quei tratti mai distintivi della Juve devono entrare nel nostro DNA, dobbiamo giocare all’attacco, dobbiamo imporre il nostro gioco, tutte queste frasi che non significano poi un bell’accidente, per dimenticare come la squadra che questa coppa l’ha vinta nelle ultime stagioni non era una squadra che teneva ritmi forsennati, o imponeva per filosofia il proprio gioco, ma era una squadra intelligente, piena di campioni, capace di estremizzare a livelli di perfezione una caratteristica che in questa coppa fa davvero la differenza: la RESILIENZA. Il saper affrontare, nel corso del doppio scontro diretto, momenti di difficoltà tattica, fisica, assorbirla e riuscire a reagire con i colpi dei propri campioni, dando fondo alle proprie riserve mentali. Questa resilienza, che abbiamo celebrato nel Real e anche nella Juve, pare essere un insulto, una furbata, uno stratagemma da poveracci. E invece, è proprio quello che non ha funzionato nella partita con l’Ajax. Per una delle rare volte ho visto la Juve non gestire il momento di difficoltà, non nasconderlo, ma schiantarsi, fisicamente anzitutto, di fronte ad una squadra che ha alzato il ritmo a livelli che la Juve semplicemente non poteva sostenere.
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E siamo stati sconfitti. A casa mia le sconfitte contro chi ha dimostrato di essere più forte si accettano. A casa mia le sconfitte che fanno girare le palle sono quelle in cui siamo più forti ma perdiamo perchè sprechiamo le occasioni o giochiamo a livelli talmente bassi per le nostre potenzialità che è un insulto guardarci perdere. Beh, per me questa non è ne l’una nè l’altra. La finale del 1998 lo era, la finale del 2003 lo era. Non certo questa. E Lippi non ce lo siamo certo mangiato. Se voi siete convinti che Cancelo sia il miglior terzino destro del mondo, che i nostri centrali difensivi senza Chiellini siano di livello mondiale, che il nostro centrocampo sia paragonabile a quello di Barcellona, Liverpool, City e Real, che Bernardeschi sarebbe titolare anche in una di queste squadre, beh, è un’opinione vostra. Per me, semplicemente, il livello europeo è altissimo e la Juve non ha ancora raggiunto il livello delle prime 4 in Europa, pur con Ronaldo. Quindi, non è che eravamo proprio destinati a vincerla. Dovevamo provarci, ma abbiamo trovato un avversario che si trovava nella miglior forma possibile, che ha giocato meglio ed ha vinto.
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E invece no. Dobbiamo dare addosso al miglior allenatore che la Juve abbia avuto dai tempi di Lippi, tra l’altro uno dei più juventini come spirito e filosofia se ancora vi ricordate cosa sia, e trovare in lui il colpevole. Vogliamo di nuovo lo champagne, è tornata la moda del calcio spettacolo, e dopo Maifredi siamo pronti a berne ancora, si spera meno indigesto, ma che sia scintillante, tracotante, pieno di ritmo e trame deliziose, quando non ce n’è mai fregato niente di tutto questo.
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Togliamocela dalla testa questa ossessione per la Champions. Davvero, visti da fuori, non siamo un bello spettacolo. E’ per questa ossessione che non sappiamo perdere, ed è per questa ossessione che nonostante 8 scudetti consecutivi abbiamo pure smesso di assaporare le vittorie. E’ per questa ossessione che non solo non c’è più alcuna riconoscenza, ma nemmeno la minima oggettività. Massacrare un allenatore come Allegri, con quello che ha raggiunto, per me semplicemente non è un argomento di discussione. E’ follia, è patologia, è distacco dalla realtà. Questa coppa così affascinante che vogliamo tanto vincere, ci ha tolto molto in termini di ragione, di analisi. Ha ridotto la qualità del nostro tifo, l’ha pericolosamente avvicinata a quello di altre squadre il cui tifo abbiamo sempre detestato, ci ha reso frustrati pure in questi anni di irripetibili sequenze di successi.
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Curiamoci, per la miseria, un modo dovrà pur esserci. Un giorno la vinceremo di nuovo, ma ho paura che a festeggiarla saranno tifosi ormai totalmente irriconoscibili.
Se……. la festeggerano!